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PROVA D’ESAME TECNICO ESPERTO NELLA GESTIONE DI SERVIZI E/O STRUTTURE SOCIO SANITARIE
1) Individuare il conseguente posizionamento del servizio analizzando il sistema territoriale di riferimento, il fabbisogno espresso e potenziale e la normativa in vigore.
POSIZIONAMENTO DEL SERVIZIO
L’invecchiamento della popolazione, caratterizzato da un prevalente aumento della componente più anziana, sta comportando una crescita esponenziale di soggetti malati cronici e non autosufficienti, così come un progressivo allungamento delle aspettative di vita in condizioni di disabilità. Questo fenomeno sta già coinvolgendo significativamente l’organizzazione dei servizi socio-sanitari. A causa proprio della mancanza nel distretto di un nucleo specialistico ora si registra difficoltà nel fornire risposte ottimali in particolare per le persone affette da demenza. Il nucleo specializzato si andrà inserire all’interno della rete sei servizi territoriali del Distretto Sud Est dell’Azienda USL di Parma integrandosi in particolare al lavoro del consultorio delle demenze. Potrà fornire una risposta al percorso di adeguamento e miglioramento della rete dei servizi proprio nei confronti di un bisogno sempre maggiore e sottolineato anche nel processo di Accreditamento dei servizi-socio (DGR 514/2009). Con questa normativa dopo anni dal Progetto Demenze Regionale (DGR 2581/99) la Regione Emilia Romagna vuole affermare l’importanza nelle Case Residenze della creazione di specifici nuclei dedicati all’accoglienza di persone affette da demenza. L’anziano e la sua famiglia per accedere a questo servizio si dovranno rivolgere all’assistente sociale responsabile del caso del Comune di residenza che dovrà:
• accogliere la domanda
• individuare ed analizzare il problema – presa in carico;
• elaborare il progetto di intervento e del contratto con l’utente (verifica del consenso dove possibile);
• trasmettere il progetto al responsabile del S.A.A. che attiva l’U.V.G. per la valutazione multidimensionale;
• attuazione del progetto d’intervento – attivazione del servizio;
• verifica e valutazione dei risultati ottenuti;
• conclusione del processo di aiuto o eventuale nuovo progetto
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FABBISOGNO ESPRESSO E POTENZIALE
Attualmente sono circa 60.000 le persone affette da demenza in Emilia Romagna.
Almeno 3 sono i caregiver che ruotano attorno ad un malato.
Numeri che raddoppieranno nei prossimi 30 anni.
Costi si triplicheranno nei prossimi anni.
La demenza è una delle principali cause di disabilità nella terza età.
Il 40% delle persone anziane che accede in ospedale è demente.
Almeno il 50% degli ospiti delle strutture residenziali.
Il distretto sanitario Sud Est che comprende 13 Comuni e si estende da una zona di pianura limitrofa al capoluogo di provincia, fino all’alto appennino tosco-emiliano, ha una popolazione residente complessiva di circa 70000 abitanti dei quali oltre 8000 settantacinquenni. Una correlazione tra età e insorgenza di disturbi cognitivi che trovano il valore massimo in corrispondenza della fascia superiore ai 95 anni è confermata dai dati epidemiologici relativi alla prevalenza di demenza nella popolazione italiana. Nella tabella è descritta la prevalenza dei soggetti affetti da disturbi cognitivi per età.
classe di eta prevalenza
75 - 79 6.0 %
80 - 84 13.0 %
85 - 89 21.4 %
90 - 94 32.2 %
95 + 31.6 %
A: per 100 residenti; dementia in europe, yearbook 2006
Questi numeri confermano l’importanza che potrà avere questo nucleo demenza nella risposta ai bisogni d’assistenza alle persone affette da demenza.
Normativa in vigore
Il Progetto regionale demenze (dgr 2581/99) e l’allegato specifico sulla demenza (DGR 514/2009) ha l’obiettivo di:
ricercare il migliore benessere possibile per le persone con demenza;
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valorizzare e sostenere chi li assiste, coinvolgerli nel processo di cura consentendo loro una vita "normale";
offrire un sistema di servizi globale, unitario, integrato, radicato nel territorio, vicino alle persone;
non percorsi troppo differenziati ma qualificazione della rete esistente.
2) Sviluppare le caratteristiche date e contestualmente descrivere con il miglior dettaglio la struttura presa in esame, il servizio core e il servizio demenza che si vuole realizzare
Il nuovo nucleo specialistico per utenti affetti da demenza vuole essere:
•un centro aperto, un centro di accoglienza, una casa che si rivolge a persone affette da demenza in un clima di familiarità, dove si valorizzano gli aspetti emotivi, affettivi ed empatici della relazione;
•una struttura di sollievo per le famiglie che vivono con persone affette da demenza;
•un centro che raccoglie persone motivate che credono nel valore della vecchiaia come risorsa e non come malattia, specializzate e preparate per offrire assistenza e sostegno alla persona affetta da demenza e alla sua famiglia;
•un servizio a "regia pubblica" inserito in un territorio ben definito e in rete con gli altri servizi, una comunità nella comunità, che risponde concretamente a un bisogno dei cittadini;
•un centro con un’identità flessibile, capace di ripensarsi al variare dei bisogni;
•un punto d’incontro e di riferimento per i familiari, sia per un supporto sia per un eventuale accoglimento del malato, per le associazioni di volontariato, per gli operatori, attraverso la formazione, per la rete dei servizi.
La missione di questo nucleo sarà quella di promuovere il benessere della persona anziana demente sotto tutti gli aspetti (fisico, mentale/cognitiva, sociale/relazionale), migliorando la qualità del suo vivere quotidiano e favorendo quanto più possibile la permanenza al proprio domicilio. Per questo il nucleo intende offrire un supporto concreto alle famiglie per affrontare le fasi più acute e problematiche della malattia.
Per realizzare la mission e per dare concretezza ai valori di riferimento si prefiggerà di:
valorizzare l’identità e le risorse della persona affetta da demenza;
mantenere le capacità residue (psico-fisiche) rallentandone la perdita;
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mantenere e valorizzare le relazioni e il rapporto con i familiari;
offrire sicurezza, protezione e serenità sia a livello ambientale sia di cura;
coinvolgere il più possibile i volontari;
aprire dei canali di dialogo e di confronto strutturati fra i diversi soggetti che operano nel servizio e con il servizio (comuni dell’ambito, distretto sanitario, presidio ospedaliero, familiari, volontari, ecc.);
costruire un modello assistenziale specializzato per la gestione (valutazione, progettazione, assistenza) e cura delle demenze e della malattia di alzheimer in particolare (integrando e innovando i modelli già sperimentati);
contribuire al processo di informazione e formazione in sinergia con gli altri servizi del territorio
Il servizio dovrà garantire il rispetto della Carta dei Diritti del Malato di Alzheimer approvata nel 1999 dalle Assemblee Generali di Alzheimer's Disease International (A.D.I.), Alzheimer Europe e Alzheimer Italia che stabiliscono:
diritto del malato a un rispetto e a una dignità pari a quella di ogni altro cittadino;
diritto del malato a essere informato, nelle fasi precoci della malattia, e dei congiunti o rappresentanti legali in qualsiasi fase della stessa, per quanto possibile, sulla sua malattia e sulla sua prevedibile evoluzione;
diritto del malato (o del rappresentante legale) a partecipare, per quanto possibile, alle decisioni riguardanti il tipo di cura e di assistenza presente e futura;
diritto del malato ad accedere a ogni servizio sanitario e/o assistenziale al pari di ogni altro cittadino: questo diritto implica che attenzioni particolari siano rivolte affinchè i malati con AD possano realmente accedere a certi servizi da cui la loro mancanza di autonomia tende ad allontanarli;
diritto del malato di avere servizi specializzati, che affrontino specificamente i problemi della demenza;
diritto del malato e di chi si prende cura di lui di scegliere fra le diverse possibilità di cura/assistenza che si prospettano;
diritto del malato, considerata la sua vulnerabilità, a una speciale tutela e garanzia contro gli abusi fisici e patrimoniali;
diritto del malato, in assenza di rappresentanti legali, o nel caso in cui i potenziali rappresentanti legali rifiutassero la tutela, di avere per legge un tutore ufficiale scelto dal tribunale.
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Nei nuovi ambienti che si andranno a creare la persona affetta da demenza potrà muoversi in piena libertà e con i minori pericoli possibili, soprattutto per quelli legati alle fughe e alla loro gestione. L’ambiente si andrà a riqualificare partendo da quanto ribadito dal Professor Antonio Guaita assieme a Marc Jones (figlio della Signora Moyra Jones fondatrice del programma gentelcare) su un "approccio" protesico, per assicurare il massimo benessere possibile della persona demente attraverso tre elementi:
•gli individui con i quali interagisce la persona colpita da demenza
•lo spazio fisico nel quale la persona vive
•i programmi e le attività che coinvolgono la persona.
Gran parte dei disturbi comportamentali e delle menomazioni funzionali possono essere considerati come un’espressione di squilibrio tra le capacità dell’individuo affetto da demenza e le esigenze ambientali e non soltanto l’espressione della patologia. Perciò anche quando non sia possibile migliorare la funzione cognitiva dell’individuo affetto da demenza, può essere possibile ridurne i sintomi più penosi mediante un cambiamento d’ambiente, un approccio informato da parte di coloro che interagiscono con il soggetto e lo svolgimento di programmi quotidiani. Essendo riconosciuto che l’ambiente circostante influenza il comportamento dei soggetti affetti da demenza il nuovo nucleo dovrà avere un ambiente specificatamente progettato per loro. Nell’ambiente di tipo protesico si favoriscono sicurezza, confort e facilità di accesso rispetto alla stimolazione. Non basta quindi che l’ambiente sia sicuro, occorre che sia anche possibile viverlo come piacevole. Gli elementi caratterizzanti come l’arredo, la luce, l’odore devono rendere la stanza gradevole per malato e caregiver. Durante la deambulazione, per esempio, il soggetto affetto da demenza richiede un ambiente sicuro anziché di dispositivi o interventi che la inibiscano. Le modificazioni ambientali non mutano la storia naturale della malattia ma possono ridurre i problemi comportamentali, i sintomi psicotici e il declino funzionale. Il servizio che si vuole creare quindi prenderà spunto nella filosofia del lavoro proprio dal METODO GENTLE CARE. Questo programma nato negli anni ’80 (Moyra Jones direttrice del MJ Resources) vede nell’organizzazione dell’ambiente un punto fondamentale nel coadiuvare un programma riabilitativo valutato individualmente in cui i supporti sono coerenti con i deficit individuati. Nel gentlecare conosci la persona, la sua patologia, in che stadio di malattia si trova, calcoli il deficit determinato dal suo comportamento e si sviluppa l’intervento protesico (sia esso sulla persona o sull’ambiente). Così come quando un paziente perde l’uso di un arto, si pensa di intervenire costruendo una protesi che consenta al paziente di riprendere a deambulare, quando un paziente sofferente per demenza perde progressivamente le diverse abilità Pag 6 di 20
cognitive, occorre costruire una "protesi" tanto più complessa quanto più complessa è la perdita, che supporti il paziente nella sua relazione con l’ambiente, umano e non".
I parenti, il personale sanitario, gli assistenti e chiunque altro venga a contatto con l’individuo affetto da demenza devono poter comprendere la natura dei deficit causati dalla patologia per evitare di attribuire colpe o responsabilità ai comportamenti del malato. Per tutte le figure coinvolte (paziente, famiglia e assistenti) comporta un tipo d’approccio mirato al mantenimento della funzione e della qualità della vita il più a lungo possibile. L’èquipe curante ha il compito di realizzare la giusta dimensione della protesi: se troppo "allentata" essa può indurre incapacità appresa; se troppo "stretta" può essere causa di stress e ingenerare comportamenti disturbanti. I programmi e le attività rivolti ai soggetti affetti da demenza dovrebbero riflettere la medesima filosofia, non avendo come scopo la produzione di oggetti o situazioni bensì quello di procurare ai pazienti quell’appagamento che deriva dal sentirsi la persona giusta al posto giusto. Ogni attività di cura, quale l’assistenza nel vestirsi, fare il bagno o mangiare, dovrebbe essere trasformata in un’attività piacevole. L’essenza delle "attività protesiche" consiste nel valutare le normali attività quotidiane e adattarle alle capacità residue del singolo individuo affetto da demenza. Se, per esempio, l’individuo affetto da demenza vive in un ambiente non idoneo, non sgombro da barriere e potenzialmente pericoloso occorrerà un maggior apporto di personale che si prenda cura del malato per salvaguardarne la tranquillità e la sicurezza. Per contro, un ambiente dotato di ricche infrastrutture atte a stimolare l’interazione e l’iniziativa richiede minor attività formale nel coinvolgimento di un paziente altrimenti apatico. L’approccio protesico è potenzialmente in grado di contribuire a sviluppare il benessere, di ridurre lo stress dell’operatore sanitario ed eventualmente di diminuire l’insorgenza, la frequenza e l’intensità di problemi comportamentali e, probabilmente, perfino di mantenere i livelli funzionali del soggetto affetto da demenza. Tutto ciò contribuisce nel frattempo a una maggiore soddisfazione riguardo al processo di cura formale o informale.
Nei servizi di nucleo saranno previsti i seguenti spazi:
-soggiorno
-zona pranzo
-locale di servizio per il personale con servizio igienico
-angolo scaldavivande e per bevande calde o
dispensatore di snacks e bevande
-bagno assistito idoneo a garantire la privacy della
persona assistita
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-locale per vuotatoio e lavapadelle
-locale deposito carrozzine
-previsti locali che consentano attività di piccolo gruppo e/o gli incontri tra
utenti e conoscenti/familiari
Caratteristiche ambientali con attenzione:
al controllo delle uscite;
ai percorsi di wandering;
camere di degenza;
spazi comuni;
spazi esterni;
qualità e dimensioni degli spazi;
supporto all’autonomia;
comprensione sensoriale in particolare nella gestione del rumore.
In specifico il nucleo demenza si svilupperà su un unico livello, a piano terra e garantirà la presenza di spazi/percorsi interni ed esterni per la gestione del wandering anche grazie allo spazio verde prospiciente. Sarà previsto un unico accesso al nucleo, dotato di un adeguato sistema di controllo. Saranno interdetti all’ospite tutti i locali adibiti a deposito (biancheria, materiale di pulizia, attrezzi, ausili). Gli spazi di vita comuni saranno al centro del nucleo per facilitare la comprensibilità e l’accessibilità. Le camere (personalizzabili) dovranno essere facilmente raggiungibili dagli spazi comuni. Le camere da letto dopo la ristrutturazione saranno a uno o a due posti letto: ad un posto caratterizzate da una superficie utile minima di mq. 12 mentre per le camere a due posti di mq. 18. Le camere dovranno essere organizzate e avere dimensioni tali da favorire la mobilità, la manovra e la rotazione di carrozzine e altri ausili per la deambulazione. La dotazione di posti letto in camera singola dovrà essere almeno pari al 40% della capacità ricettiva del servizio (con riferimento ai posti accreditati). In ogni caso dovrà essere adeguata in rapporto alla dotazione di camere singole definita a livello distrettuale sulla base di una valutazione da parte del soggetto istituzionalmente competente, coerente con gli orientamenti espressi dal comitato di distretto, circa il fabbisogno di camere singole in funzione della presenza di particolari condizioni e necessità assistenziali quali, ad esempio, le esigenze delle persone con gravi disturbi comportamentali.
Per riqualificare il nucleo e mantenere gli attuali 24 posti letto si dovrà passare dalle attuali 9 alle future 15 camere. La presenza di camere a un posto in misura non inferiore a venti per cento della capacità ricettiva della struttura era già prevista dalla Direttiva Regionale 564/2000 per l'autorizzazione al funzionamento delle strutture residenziali per cui sarà necessario creare 9 camere doppie e 6 singole (si otterrà quindi nel nucleo
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una dotazione di camere singole pari al 25% a fronte in ogni caso del 40% di camere singole richiesto alle nuove strutture dall’attuale accreditamento).
All’interno del nuovo nucleo demenza saranno evitate pareti vetrate e privilegiata la disposizione delle finestre sul paesaggio circostante. Le finestre dovrebbero consentire di guardare all’esterno senza sporgersi. Saranno previste schermature che evitino abbagliamenti o giochi d’ombre. L’obiettivo sarà dare il giusto quantitativo di stimoli: equilibrio tra iperstimolazione e non sollecitazione del ricordo. I profili dei serramenti dovranno avere bordi arrotondati soprattutto dove le ante sono apribili, i vetri dovranno essere anti-urto o, comunque garantire l’incolumità. Porte e pareti non dovranno avere superfici, neppure finiture, riflettenti. Le porte dei luoghi accessibili dovrebbero avere un buon contrasto cromatico rispetto alla parete; le maniglie (locali accessibili) dovranno avere un colore diverso e contrastante rispetto alla porta; le porte dei locali vietati al paziente dovranno essere visivamente occultate. Sarà verificata la possibilità di dotare porte e finestre di chiusure di sicurezza. Nella scelta delle maniglie (porte, finestre, arredi) saranno adottare soluzioni familiari ai pazienti per evitare forme spigolose. Nella scelta delle porte saranno privilegiate quelle che per peso e dimensione richiedano poco impegno fisico. Gli arredi dovranno avere forme e materiali familiari al paziente; se possibile saranno utilizzati arredi di colori diversi secondo la destinazione d’uso del locale; gli arredi fruibili dovranno avere un colore contrastante e ben visibile. Gli arredi dovranno essere posizionati in modo da non costituire ostacolo alla circolazione e da facilitare l’utilizzo da parte del paziente. Sedie e poltrone con braccioli dovranno avere un piano di seduta ampio (singolo e gruppo) e la seduta e lo schienale dovranno essere di materiale impermeabile, lavabile, imbottito. Le sedie dovrebbero essere anti ribaltamento, e avere uno schienale. I colori dei sanitari dovrebbero essere ben differenziati da quelli del pavimento e delle pareti; la funzione del bidet dovrà essere ben distinguibile da quella del wc; il comando del wc deve essere facilmente riconoscibile e utilizzabile; la tavoletta del wc dovrà essere senza coperchio e di colore vivace. Deve essere prevista la possibilità di rimuovere lo specchio. Il wc deve essere attrezzato con maniglioni di appoggio o adeguato con rialzi. I fondi delle docce e/o delle vasche dovranno essere dotati di tappettini anti-sdrucciolo. Dato che la pavimentazione del bagno può essere spesso bagnata, saranno messi a disposizione dei maniglioni alle pareti. I corrimani dovranno servire sia come elementi di sostegno sia di appoggio, dovranno essere continui, di materiale, forma, altezza (89-90cm) e colori adeguati. La luce nelle stanze andrà distribuita in modo uniforme e rendere minimi i riflessi. Permettere il massimo di luce naturale possibile, usare luci "calde" il più possibile, sarà ridotto l’uso di neon
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blu/bianchi. Sarà valutato l’uso di luci che si accendono automaticamente di notte (ricordiamo che più di 4 anziani su 5 per abitudine non accendono luci quando scendono dal letto di notte).
Lo spazio protesico di questo nucleo demenza dovrà essere fruibile durante tutto il periodo dell’anno grazie alla creazione nell’attuale spazio verde non attrezzato, di un "Giardino d’inverno" e di un "Giardino esterno" perfettamente integrati in un percorso caratterizzato da dolce andamento sinuoso ma con forma ad anello. La presenza di aree di sosta, tra cui una con gazebo, arredata con tavolo e sedie, permetterà in giornate troppo assolate di sostare piacevolmente. La stimolazione sensoriale sarà affidata alla presenza di aiuole e piante sempreverdi (naturalmente piante non nocive), piante da frutto e piante aromatiche (salvia, rosmarino, timo, ecc); nel percorso sensoriale sarà inserita una fontana con acqua scorrevole oltre a diffusori acustici che sono utilizzati sia per le attività di musicoterapia che per riprodurre suoni dell’habitat naturale. La presenza di due acquari, sia nella sala delle attività sia nel "Giardino d’inverno", completerà il percorso e saranno inseriti nell’ambito di un progetto di Pet-Therapy. Il percorso sarà ideato per non creare delimitazioni fisiche e permettere un utilizzo completa e senza ostacoli tra i vari ambienti interni (laboratorio di cucina, area di sosta adiacente alle camere di degenza, sala delle attività riabilitative, "Giardino d’inverno" e il "Giardino esterno"; per tale motivo saranno impiegati materiali simili per il "Giardino d’inverno" e il "Giardino esterno" (stessa tipologia di pavimentazione, presenza di aree di sosta, elementi floreali e di verde, diffusori acustici, ecc).
All’interno del nucleo sarà presente almeno un ambiente per la gestione separata di dementi con disturbi comportamentali e sarà garantita la presenza di ausili per l’orientamento. La metodologia snoezelen si potrà integrare con le finalità e gli obiettivi del nucleo demenza. L’applicazione della Snoezelen può determinare benefici nelle persone con disabilità cognitive; autismo; traumi cranici/ictus; turbe psichiatriche; demenza/Parkinson; controllo del dolore. Snoezelen è un approccio che fa ricorso a tutti e cinque i sensi e alla loro interazione e, a tal fine, utilizzano una vastissima serie di effetti luminosi, musicali e uditivi, di aromi e di forme, di superfici tattili; tali effetti sono prodotti da apparecchi che sono opportunamente attivati dai terapisti in funzione delle caratteristiche dei singoli pazienti. Il suo fine è di suscitare interesse negli utenti e facilitare l‟rientamento nel tempo e nello spazio, nel riconoscere i determinati momenti della giornata. Il termine Snoezelen deriva dalla contrazione dei verbi olandesi "snuffelen" (per" cercare fuori da" o" esplorare") e "doezelen" (rilassare). Il termine vuole evidenziare gli aspetti sensoriali e di rilassamento
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da cui Jan Julsegge e Ad Verheul sono partiti nel lontano 1975 per intraprendere le prime ricerche sulla stimolazione sensoriale su persone colpite da deficit intellettivi. Mentre lavoravano al De Hartenberg Institute in Olanda, un centro per le persone con deficit mentali, i due terapisti appresero delle risposte positive che un collega era in grado di suscitare da parte dei suoi pazienti quando erano inseriti in un ambiente sensoriale che egli aveva riunito. Hulsegge e Verheul realizzarono una tenda sensoriale sperimentale nell'estate seguente per ulteriormente testare l'idea. L‟sperimento ebbe un successo notevole, specialmente con pazienti gravi che hanno mostrato positivi feedback verbali e non verbali.La seguente estate, Hulsegge e Verheul hanno realizzato un'altra unità all'interno del centro. Essi hanno anche imposto un nome al concetto: la parola "Snoezelen". Le notizie dell’efficacia dei progetti pilota condotti a De Hartenberg hanno velocemente generato interesse attraverso l'Europa. Impressionati da quello che hanno visto in Olanda, molti terapisti hanno iniziato a creare strutture"Snoezelen" permanenti e semi-permanenti nei loro centri. Da questi studi è nata la proposta di creare un luogo ad hoc, la stanza Snoezelen. Tale metodologia è alla base dei principali progetti realizzati in varie parti del mondo (si vedano,in particolare, il Centro di Ashgreen in U.K., quello di Hartenberg in Olanda dove opera Ad Veheul e quello di Mittertreich in Germania), progetti che sono stati impostati secondo i paradigmi portanti dell'approccio snoezelen:
1. paradigma del "leisure" (termine che racchiude il divertire e divertirsi, ma anche lo star bene e il piacere);
2. paradigma dell’ ‟sser causa", aspetto importante per l‟utostima che ognuno sperimenta e che viene rapidamente meno, soprattutto nelle persone con deficit intellettivi medio-gravi, per mancanza di occasioni e strumenti di semplice e immediato utilizzo
3. il "poter scegliere", aspetto legato al precedente e che l‟pproccio snoezelen prevede di attivare attraverso le cosiddette diete sensoriali.
In sintesi la strategia di applicazione dello snoezelen si basa su:
sensazioni singole o combinate offerte in funzione delle specifiche esigenze del paziente;
la creazione di un‟tmosfera e di esperienze condivise
avventure sensoriali basate sull’accessibilità degli strumenti (comandi e interazioni pensati per il livello di comprensione dei pazienti) e la possibilità di fare scelte.
Ricapitolando il servizio core e il servizio demenza avrà caratteristiche che richiamano l’ambiente domestico e dovrà necessariamente puntare alla:
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- valorizzazione degli ambienti comuni interni ed esterni;
- personalizzazione delle camere di degenza;
- relazione dinamica tra spazio fisico-programmi-persone;
- garantire agli utenti anche grazie al supporto di ausili tecnologici il
massimo grado di libertà e il massimo grado di sicurezza.
Per gli utenti di questo nucleo fin da prima dell’ingresso dovrà essere posta massima attenzione:
anamnesi (vissuto, storia sociale, ecc.)
•valutazione funzionale (capacità residue)
•mappa delle azioni e delle fonti di stress
•definizione degli obiettivi del piano assistenziale individualizzato che tenga
nella massima attenzione in particolare:
riduzione dei disturbi comportamentali;
mantenimento delle capacità funzionali residue;
pieno coinvolgimento della famiglia;
coinvolgimento e gratificazione del personale.
riduzione dell’uso di farmaci.
3) Definire il target e i clienti del servizio.
Soggetti affetti da demenza con particolare attenzione all’accoglienza di persone affette da grave disturbo comportamentale classificate dall’UVG territoriale con un case mix classe A.
4) Definite le caratteristiche distintive del nucleo demenza specificando
anche le attività complementari e di supporto che possono essere
sviluppate - potenziate
Il programma delle attività da realizzare con gli ospiti dementi in relazione ai bisogni di ciascun vedrà:
stimolazione cognitiva
stimolazione funzionale
stimolazione motoria
attività di socializzazione.
- Gli interventi finalizzati a controllare/contenere i disturbi comportamentali;
- gli interventi di sostegno ai familiari;
- gli interventi volti alla razionalizzazione dei trattamenti farmacologici ed
alla prevenzione/cura delle complicanze dello stadio avanzato di malattia.
Obiettivi del nursing al paziente demente ospitato all’interno di questo nucleo saranno:
ottimizzare lo stato funzionale;
compensare la perdita di memoria e il disorientamento;
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ridurre i disturbi comportamentali;
garantire la sicurezza;
prevenire le complicanze;
Presupposti:
la demenza non esclude i pazienti dalla possibilità di essere ammessi a trattamenti riabilitativi;
la riabilitazione è intesa come un processo globale volto a mantenere le abilità necessarie a una vita indipendente anche con l’utilizzo di ausili.
La deambulazione ad esempio, deve diventare una prescrizione con la stessa dignità dell’igiene, del farmaco, dell’igiene personale, degli accertamenti, ecc. Ma sappiamo anche che gli schemi corporei statici e dinamici si alterano in maniera irreversibile nelle fasi avanzate in questi malati. Particolare attenzione sarà posta agli interventi non farmacologici che combinano Rot, Reminescence therapy, esperienze piacevoli (Musicoterapia) ed esercizio fisico, sono efficaci sullo stato cognitivo e sull’umore di pazienti e sono trattamenti che dovranno essere presi in considerazione per il trattamento della malattia di Alzheimer. Per conservare le funzioni non ancora perdute della persona accolta nel nucleo demenza saranno potenziati quindi proprio gli interventi sui deficit cognitivi con programmi specifici con interventi sui disturbi del comportamento con terapie non farmacologiche come terapia occupazionale, stimolazione multisensoriale, musicoterapia, danzamovimentoterapia, pet therapy, ecc.; interventi sui deficit funzionali (sostegno nelle ADL, equilibrio, deambulazione).
REALITY ORIENTATION THERAPY. E’ l’approccio multistrategico più diffuso (Taulbee, 1984; Zanetti et al. 2005). Metodologia ideata da Folsom nel 1958, c/o la Veterans Adimistration e in seguito sviluppata negli anni ’60 come tecnica specifica di riabilitazione per i pazienti confusi o con deterioramento cognitivo (Baldelli 1990, Zanetti 1995, Baines et al. 1987). Si pone come obiettivo quello di riorientare il paziente rispetto a se stesso, alla propria storia e all’ambiente circostante. La critica maggiore che è stata rivolta alla ROT concerne l’evidenza che a fronte di un miglioramento nelle prestazioni cognitive non sia stato dimostrato alcun impatto sul piano funzionale e sulle abilità quotidiane. La revisione della Cochrane (Spector, 2000, 2003, 2007) è giunta alla conclusione che la ROT è efficace sia sul piano cognitivo che su quello comportamentale. Due modalità terapeutiche complementari:
ROT informale (24 ore); 2) ROT formale ("in classe")
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Risultati migliori si possono ottenere inserendo la ROT nel contesto di un programma stimolazione multidisciplinare:
reminiscenza
rimotivazione (Koh et al. 1994)
terapia occupazionale o
riabilitazione motoria
TERAPIA DELLA REMINISCENZA. La tecnica trova il proprio supporto nella teoria psicodinamica e si fonda sul ruolo positivo che il ricordo di esperienze passate può svolgere sull’autostima, sul mantenimento dell’identità personale, sul contenimento dello stato depressivo. Si vuole sfruttare la naturale tendenza dell’anziano (e una delle peculiarità della persona con demenza!) a rievocare il proprio passato. La tecnica trova giustificazione anche nell’utilizzo stereotipato e ripetitivo delle capacità residue a scapito di quelle parzialmente decadute in seguito alla patologia e nella disintegrazione più lenta del linguaggio rispetto ad altre funzioni. Tatto: oggetti della vita quotidiana propri del passato (macina caffé, setaccio, ecc.). Vista: oltre agli oggetti, le fotografie e le immagini che evocano i tempi remoti (ovviamente in bianco e nero). Udito Musica, canzoni popolari, filastrocche. Olfatto: profumi e aromi legati a consuetudini di un tempo (es. la cenere). Gusto: i cibi della tradizione e/o dell’infanzia (es. caramelle di liquirizia e limone o dolci tipici). E’ indicata nei pazienti con decadimento cognitivo lieve, mentre nei pazienti con decadimento severo è necessario un intervento più diretto e strutturato. "Nonostante ci siano promettenti indicazioni, ma vista la bassa qualità dei lavori pubblicati e delle differenze d’intervento applicato, c’è urgente bisogno di studi condotti con maggiore rigore sperimentale per tracciare conclusioni definite di efficacia ".
VALIDATION THERAPY (Feil 1967). La terapia di validazione si fonda sul rapporto empatico fra operatore e paziente laddove , tramite l’ascolto, il terapista cerca di immedesimarsi e penetrare nella realtà distorta del paziente (il cui deficit mnesico può portarlo a vivere, ad es. nella sua giovinezza), al fine di creare contatti relazionali ed emotivi significativi (Day 1997). Tale terapia aumenta le capacità comunicative, riduce ansia e stress, diminuisce la necessità di ricorso sedativi e contenzione. Ritenuto adatto anche in fase avanza di malattia. Inoltre i benefici influiscono sul personale di assistenza e sui famigliari. Tre studi sono stati identificati in grado di soddisfare i criteri d’inclusione. Non è stato possibile mettere in comune i dati di tali studi per problemi di comparazione (diversa lunghezza del trattamento, diverse modalità di gestione dei controlli, disparità della valutazione degli obiettivi, variabilità individuale del personale addetto all’intervento). Il trend
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evidenziato mostra dati positivi ma la significatività statistica non è stata raggiunta. In conclusione non ci sono prove sufficienti derivanti dagli studi randomizzati in grado di consentire una certezza circa l'efficacia della terapia di validazione per le persone affette da demenza o deficit cognitivo.
LA TERAPIA OCCUPAZIONALE. Attività individuale o di gruppo volta alla stimolazione delle funzioni residue attraverso la realizzazione di prodotti finiti e l’occupazione in attività della vita quotidiana, manuali, espressive, ricreative.
MEMORY TRAINING Programma riabilitativo gestito da terapeuta finalizzato al miglioramento delle funzioni mnesiche in soggetti con modesto declino cognitivo (Baldelli 1991). Esso consta di due momenti: strutturato gruppi di 4 – 5 soggetti, durata 60-75 min. frequenza 2-3 volte /sett. non strutturato la giornata.
5) Configurare il processo di erogazione del servizio e le risorse necessarie
per l’erogazione dello stesso, in un’ottica di sviluppo ma rispettando i
requisiti dell’accreditamento regionale
Alle persone con demenza che saranno accolte nel nucleo sarà garantito uno specifico piano personalizzato, nell’ambito del "programma di miglioramento della qualità della vita e dell’assistenza dei pazienti affetti da demenza", che la struttura deve adottare, secondo le indicazioni contenute nell’allegato DC dell’accreditamento. Al fine di garantire il benessere degli operatori e la continuità relazionale con i pazienti dementi saranno specificate le strategie organizzative volte a contenere il burn-out ed il turn-over degli operatori. Costituiscono elementi essenziali per il raggiungimento di tali obiettivi: la selezione motivazionale del personale della struttura da destinare alla gestione dei dementi in questo nucleo, un’adeguata presenza degli operatori socio-sanitari (OSS) in relazione al numero e allo stadio di progressione della malattia dei soggetti dementi, incontri di èquipe e supervisioni, colloqui con lo psicologo. Saranno specificati eventi formativi inerenti tematiche sulle demenze. Costituiranno elementi minimi dei programmi di formazione/aggiornamento, i seguenti temi:
-modalità dell’approccio relazionale dell’operatore con la persona demente e con i familiari;
-l’importanza dell’ambiente umano nella gestione del demente;
-la gestione dei disturbi comportamentali;
-la progressione della malattia e il suo monitoraggio.
L’elaborazione, la verifica l’aggiornamento del PAI avverrà nell’ambito di un’équipe multidisciplinare, composta da:
Coordinatore
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Medico di struttura
Infermiere
RAA
fisioterapista
animatore
OSS
Familiare
Ogni piano assistenziale individualizzato dovrà comprendere:
la valutazione multidimensionale e multiprofessionale integrata dell’utente con strumenti riconosciuti in ambito scientifico;
l’individuazione degli obiettivi specifici d’intervento;
l’individuazione dell’operatore/trice referente del pai;
l’informazione e il coinvolgimento dell’utente e/o dei suoi familiari nella definizione del PAI;
la formalizzazione del PAI, con la descrizione delle attività specifiche, dei tempi indicativi di realizzazione, della frequenza e della titolarità degli interventi;
la realizzazione di attività di verifica sul pai (procedure,
tempi e strumenti);
la ridefinizione degli obiettivi sulla base dei risultati
della valutazione.
Obiettivo è il mantenimento di un fragile equilibrio tra il dominio somatico (monitoraggio e cura medica umana) quello psichico (affetto, dignità, autostima) e funzionale (attività sensate, libertà di movimento). L’obiettivo è in particolare quello di "lavorare" non solo sulla qualità della cura ma anche sulla qualità della vita, intesa come il massimo livello di funzionalità raggiungibile come essere "sociale", ma in assenza di stress.
Per tutto il personale dedicato a questo nucleo dovranno essere specificati eventi formativi inerenti tematiche sulle demenze. Costituiscono elementi minimi dei programmi di formazione/aggiornamento, i seguenti temi:
-modalità dell’approccio relazionale dell’operatore con la persona demente e
con i familiari;
-l’importanza dell’ambiente umano nella gestione del demente;
-la gestione dei disturbi comportamentali;
-la progressione della malattia e il suo monitoraggio.
Risorse di personale necessarie:
Parametri OSS nel rapporto di 1:1,18 (classe A) (24 utenti /1,8 n° OSS 13,33 x 1500 ore = 20000 ore annue da garantire pari a 54,79 ore giornaliere di assistenza da garantire nelle 24 ore)
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Si prevede di distribuire il budget di ore giornaliero
In tre turni del mattino (6:00 -14:00) = 24 ore
In tre turni del pomeridiani (14:00-21) = 21 ore
Un turno notturno (21:00-6:00) = 9 ore
Totale 54:ore
Parametri Infermieri nel rapporto di 1:12 (24/12 n° Infermieri 2 x 1548
ore = 3096 ore annue da garantire pari a 8,5 ore al giorno.
sarà utilizzato l’infermiere già presente anche sugli altri nuclei.
La stessa cosa anche per il fisioterapista e l’animatrice che
dovranno essere garantite con un parametro di 1 ogni 60 anziani per 36
ore settimanali. Per entrambe le figure andranno garantite 14,4 ore
settimanali.
6) Delineare un sistema di monitoraggio e di controllo delle attività e di
gestione di disservizi e reclami potenziali
Verrà predisposto un piano di verifica annuale del servizio comprendente:
-valutazione documentata del raggiungimento degli obiettivi generali e specifici del servizio;
-valutazione documentata dell’attività annuale pianificata con indicatori di qualità riguardanti risorse umane e strumentali, impegni della Carta dei Servizi, soddisfazione degli utenti e reclami, clima organizzativo, aderenza alle procedure per la appropriatezza/continuità assistenziale
-valutazione documentata dei risultati dei Progetti individuali (valutazione dell’efficacia) e della qualità tecnica del servizio, con metodi adeguati;
-valutazione documentata della gestione economica annuale (rapporto entrate/uscite).
Per migliorare le prestazioni del servizio sarà necessario un’attenta analisi dei processi:
-GESTIONALI
-CLINICI
-ASSISTENZIALI
Vi è un’ampia esperienza e letteratura in merito agli indicatori di qualità, ma tutti in qualche modo si rifanno alla classificazione di A. Donabedian:
•indicatori strutturali
•indicatori di processo
•indicatori di esito (di output e di outcome)
Indicatori strutturali misurano l'insieme delle caratteristiche o fattori strutturali necessari per garantire il processo socio sanitario. Si fa riferimento agli aspetti organizzativi, alle caratteristiche degli operatori e alla tipologia di presidi, materiali e supporti tecnologici, che entrano a far
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parte del processo diagnostico terapeutico - assistenziale. Gli indicatori di struttura prendono in considerazione inoltre le condizioni ambientali ed edilizie ad esempio standard logistici; standard minimi personale; standard ambientali; carta dei servizi; piano manutenzioni /ecc.
Gli indicatori di esito documentano quindi il risultato del processo assistenziale. Per la programmazione e il monitoraggio delle attività ci si avvale della valutazione multidimensionale (almeno sul piano cognitivo, funzionale, comportamentale e affettivo), dando atto, con l’utilizzo di specifici strumenti e scale di valutazione validati e garantendone la somministrazione da parte di personale con specifiche competenze e in grado di fornire gli indicatori di esito. Possono essere riferiti a una prestazione in sé (ad esempio il numero di reclami) o una variazione indotta ad esempio un evento avverso (caduta). Documentano una situazione finale che acquista senso solo se confrontata con gli obiettivi posti in precedenza che possono essere sia di natura assistenziale in senso stretto (ad esempio documentazione dei risultati degli obiettivi dei PAI) ma anche tali da documentare la soddisfazione dell’utente. L’esito si distingue in output e outcome. Output s’intende il risultato di una prestazione mentre l’outcome è il risultato durevole globale sulla condizione dell’utente.
in modo tempestivo con azioni correttive atte al miglioramento continuo. POSSIBILI INDICATORI | |
AREA DI INTERESSE | Indicatori |
ULCERE DA PRESSIONE | Punteggio medio scala di Braden Tasso ospiti con LDP (LDP > 2°grado) Tasso ospiti con LDP insorte in struttura Tasso di guarigione LDP Tasso di miglioramento LDP |
7) Impostare un piano di comunicazione interna ed esterna
Il piano di comunicazione sarà uno strumento che servirà a programmare le azioni di comunicazione dell’organizzazione del nuovo nucleo in un certo arco temporale. Aiuterà il governo della comunicazione nel senso che ne consentirà la finalizzazione (perché comunicare), ne individuerà gli attori (chi comunica e a quali destinatari), ne indicherà i servizi (cosa si dovrebbe realizzare), con quali strumenti e con quali risorse. Si tratta di instaurare una relazione stabile e finalizzata con i cittadini sul piano della comunicazione, dell’ascolto, dell’accesso, della valutazione della qualità dei servizi, dell’elaborazione e attuazione di articolate strategie di crescita. Si rende quindi necessario promuovere la diffusione di un cambiamento culturale e valorizzare il contributo concreto dei molteplici attori territoriali, sia pubblici sia privati, garantendo un efficace coordinamento delle azioni verso obiettivi comuni e concertati. L’attività di comunicazione interna ha come proprio fine il coinvolgimento, la responsabilizzazione del personale e la promozione di una sua crescita professionale coerente con gli obiettivi strategici indicati dagli organi di direzione. conseguentemente, le azioni saranno orientate, principalmente, a informare il personale sulle principali linee strategiche dell’azienda, a sensibilizzarlo e motivarlo sul raggiungimento degli obiettivi indicati. Sulla base di queste linee si ritiene che la comunicazione aziendale stabilita dal cda debba perseguire i seguenti obiettivi:
• comunicazione funzionale/operativa/organizzativa/gestionale
• aumento di consapevolezza e condivisione degli obiettivi/politiche aziendali
• sviluppo del senso di appartenenza
• miglioramento e sviluppo della qualità dei servizi
• supporto alla comunicazione esterna.
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Il personale rappresenta una leva strategica per il successo della riorganizzazione del nuovo servizio e per questo dovrà essere coinvolto nel ripensamento degli assetti organizzativi attraverso un’azione mirata di sensibilizzazione sui cambiamenti progettati. La comunicazione interna potrà svolgere un ruolo fondamentale nel mantenere nel tempo una tensione ideale verso il miglioramento e il perseguimento degli obiettivi, purchè il personale conosca la domanda dei cittadini, i tempi di risposta, l’andamento delle prestazioni, i livelli raggiunti, ecc.. Sarà necessario altresì porsi l’obiettivo di rilevare opinioni, attese, motivazioni professionali, costruire relazioni forti con tutto il personale che andrà a operare nel nuovo nucleo specialistico e prestare attenzione ai processi d’ascolto, informazione e comunicazione interna. La comunicazione interna garantirà che tutte le persone coinvolte nel raggiungimento di un obiettivo, di un risultato, siano informate sullo scopo e l’andamento delle attività, siano in grado di comprendere, valutare, scegliere la corretta circolazione delle informazioni. La gestione delle informazioni sarà una delle componenti essenziali per garantire all’organizzazione del nucleo una maggiore sicurezza e un sistema di gestione della qualità finalizzata al miglioramento delle prestazioni del servizio attraverso un’attenta analisi dei processi: gestionali, clinici e assistenziali. Se agli operatori di questo nucleo non saranno garantite condizioni d’informazione generale, di partecipazione e di autonomia professionale, tali da renderli protagonisti del processo assistenziale, questo sarà solo prassi routinaria e non azione di cura e riattivazione stimolazione di un’altra persona. L’obiettivo è avere gli operatori assistenziali istruiti a sapere osservare e riportare con esattezza ogni più piccolo dettaglio, campanello d’allarme che può aiutare a decifrare il comportamento degli anziani e a predisporre risposte coerenti. Oltre alla capacità di osservare è importante avere operatori in grado di comunicare correttamente ciò che osservano agli altri operatori, all’èquipe curante vanno istruiti a comportarsi come "terminali sensoriali", "sonde" che consentono all’èquipe di effettuare un attento monitoraggio e quindi la continuità assistenziale. gesti, ritualità, parole, eventi scatenanti, abitudini, attenzione al dolore, campanelli d’allarme come difficoltà nella deglutizione, la disfagia ad esempio rappresenta un disturbo molto frequente che in età geriatrica interessa fino al 60% degli anziani istituzionalizzati.
Per quanto riguarda i destinatari della comunicazione esterna si possono raggruppare in tre macrocategorie: i cittadini; gli organismi e le strutture della società; i mezzi di comunicazione di massa.
I cittadini rappresentano gli utenti principali, occupano il ruolo fondamentale al centro del mondo dei servizi socio sanitari del nostro territorio. Lo sviluppo di una relazione nuova per far conoscere il nuovo servizio ai cittadini
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richiederà una strategia di comunicazione chiara, diretta da costruire e consolidare nel tempo.
La comunicazione verso organismi e strutture della società dovrà agevolare e coordinare i rapporti tra diverse istituzioni, creare legami e gestire relazioni in un’ottica di cooperazione interistituzionale. Queste azioni sono importanti non solo per la razionalizzazione dei servizi (da offrire al pubblico) e di modernizzazione degli apparati, ma anche in una prospettiva di promozione della crescita e dello sviluppo competitivo del territorio, nel quale le amministrazioni stesse operano.
I media rappresentano un vero e proprio "pubblico" a cui si rivolge la comunicazione aziendale; un "pubblico" a sè stante, che ha proprie esigenze, aspettative, regole di vita; un pubblico che può decidere di "costruire" e pubblicare notizie, che sono in grado di incidere fortemente nella percezione dei cittadini.
Per quanto riguarda la comunicazione esterna sarà prodotto e realizzato e un volantino con i "Consigli pratici per i familiari dei pazienti affetti da deterioramento cognitivo" e un opuscolo che fornisce ulteriori informazioni a chi si prende cura e convive con un malato di Alzheimer. "L’informazione anche nel caso dell'Alzheimer è assolutamente fondamentale così com’è importante che sia creata a misura di malato e dei loro familiari. Per questo sarà molto positiva la collaborazione con le Associazioni, come AIMA e il Consultorio Psicogeriatrico di Langhirano. Il mondo delle demenze è complesso perché, oltre al malato, coinvolge tutta la famiglia, ne stravolge regole e abitudini, richiede continua assistenza e sostegno sia per il malato, sia per chi si prende cura di lui. Anche l'appuntamento mensile con il "Caffè Alzheimer" durante il quale, pazienti e parenti, in un contesto informale, si confronta con esperti e operatrici sanitarie si occupano dei malati sarà un momento di fondamentale importanza per far conoscere ai familiari il nuovo nucleo demenza.
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