domenica 9 giugno 2013

di cafè


Di cafè in cafè

 

INTRODUZIONE 5

“Invecchiare è un privilegio e una meta, ma è anche una sfida, che ha un impatto

su tutti gli aspetti della società del XXI secolo”. Questa affermazione, proposta nel

2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema della salute degli anziani

sottolinea l’importanza di saper far fronte in maniera preparata e consapevole

all’invecchiamento della popolazione. Tale ambito acquista sempre maggiore

importanza in una società, come la nostra, che deve affrontare un cambiamento

demografico significativo

L’allungamento della prospettiva di vita che ha caratterizzato la seconda metà del

secolo scorso ha determinato un notevole incremento della percentuale di

popolazione anziana. Negli ultimi trent’anni ciò si è tradotto in un sempre

maggiore interesse da parte del mondo scientifico alle problematiche la cui

incidenza aumenta significativamente con l'età.

All’allungamento della vita non sempre corrisponde un effettivo miglioramento

della qualità della stessa: con l’aumento dell’età cresce anche la percentuale di

problematiche età - correlate e diventa sempre più presente il problema della non

autosufficienza aggravata dalla presenza di multipatologie.

In questo contesto, la demenza – ossia il progressivo deterioramento delle

capacità cognitive quali linguaggio, memoria, attenzione e ragionamento,

accompagnati da cambiamenti della personalità e dalla comparsa di alterazioni

del comportamento, del pensiero e degli affetti – rappresenta una problematica

importante con un elevato impatto relazionale e sociale.

Fino alla metà del secolo scorso la demenza, era poco riconosciuta e non vi era

una chiarezza sufficiente nella distinzione tra i processi dell'invecchiamento e

quelli connessi con il deterioramento cognitivo; con lo sviluppo dei sistemi di

neuroimmagine, la maggiore conoscenza sui processi neuropsicologici, la

maggiore disponibilità di strumenti di indagine psicometrica e anatomopatologica

oltre agli studi epidemiologici hanno permesso di affinare le possibilità

diagnostiche e la comprensione delle caratteristiche di progressione del

deterioramento. La definizione di specifici criteri di diagnosi e di classificazione

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ha rappresentato un ulteriore passo avanti, permettendo la distinzione tra le varie

tipologie di demenza.

Tra queste, la malattia di Alzheimer è quella più frequente : In Europa si stima

che la demenza di Alzheimer (DA) rappresenti il 54% di tutte le demenze

(Vanacore et al, 2005). Le persone che soffrono di demenza in Europa sono 7,3

milioni; in Italia nel 2009 il numero di malati di Alzheimer ha superato il milione

(fonte: Alzheimer Europe in base ai dati EuroCode e statistiche ONU), e la malattia, come si

evince dalle tabelle sottostanti, ha un’ elevata prevalenza soprattutto negli over 85

e si presenta principalmente nelle donne.

La demenza di tipo Alzheimer si caratterizza per l’esordio insidioso e subdolo;

anche le evidenze neuropatologiche sono spesso aspecifiche ed eterogenee nelle

loro manifestazioni. Nella diagnosi risulta, pertanto, di notevole importanza la

valutazione clinica, psicometrica oltre che quella strumentale.

La compromissione cognitiva si manifesta inizialmente (fase lieve) con alterazione

mnesiche, alle quali si accompagnano difficoltà di denominazione ed

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eventualmente alla comparsa di uno stato ansioso-depressivo. Spesso i familiari

fanno coincidere l’esordio della malattia con un trauma o un evento spiacevole

come un ricovero ospedaliero: tali evenienze possono costituire eventi stressanti

che rendono esplicita una condizione latente.

Successivamente (fase moderata), in associazione all’aggravarsi delle difficoltà

mnestiche, si associano deficit di attenzione, disorientamento e aprassia.

Nella fase successiva (fase severa) della malattia i deficit cognitivi si manifestano

in maniera grave: si osservano deficit di riconoscimento, difficoltà nell’eseguire

attività complesse e il soggetto evidenzia una mancata consapevolezza del proprio

stato intellettivo e della propria malattia. L’anziano non è più in grado di

provvedere a se stesso, di provvedere ai propri bisogni primari e necessita

pertanto di cure ed assistenza continuative.

A tali difficoltà di tipo cognitivo si associano manifestazioni a carico delle funzioni

affettive, del pensiero, della percezione e del comportamento che possono

rappresentare l'espressione “personale” dell'interazione dei livelli organico,

psicologico e sociale interessati dalla malattia (Droes, 1991; Kitwood, 1997).

Si può parlare quindi di due aspetti della demenza tra loro legati: da una parte

l'aspetto biologico, relativo alle modificazioni strutturali e cognitive; dall’altra

parte l'aspetto psicologico-sociale che si manifesta nella condizione soggettiva,

legata alle risposte adattive della persona alla sua condizione e del ruolo

dell'ambiente nella facilitazione di questo adattamento

Il complesso processo di adattamento prosegue durante tutta la durata della

malattia in quanto rappresenta l'esito della disponibilità di risorse soggettive

(cognitive, affettive e di personalità), di risorse familiari (materiali e relazionali) e

di quelle sociali ed economiche (competenze, interventi mirati, servizi e

finanziamenti).

Se da un lato la progressione della patologia comporta una sempre maggiore

necessità di adattamento, dall’altra questo risulta sempre più difficoltoso e, di

conseguenza, l’anziano si troverà ad essere sempre più dipendente dagli altri.

A partire da queste considerazioni è possibile comprendere la natura di alcune

problematiche psicologiche e comportamentali che accompagnano l’evolvere della

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demenza. La comparsa di una sintomatologia ansiosa e depressiva, ad esempio, è

interpretata in letteratura come una risposta all’invalidità e ai sentimenti di

impotenza, rabbia e delusione che ne derivano.

La ricerca mostra inoltre che la demenza comporta un’ intensa esperienza di

perdita, il cui nucleo centrale è costituito dalla "perdita di controllo" (su se stessi

e sul proprio ambiente) e dalla "perdita di sicurezza". Ciò si manifesta, ad

esempio, nel pensare e fare spesso riferimento ai genitori o nel manifestare il

bisogno di tornare a casa (Miesen e Jones, 2004), chiare rappresentazioni del

concetto di “base sicura” (Teoria dell’attaccamento di Bowlby).

Allo stesso modo il presentarsi di comportamenti ossessivo - compulsivi possono

essere interpretati come strategie di coping orientate al controllo della situazione

(Verwoerdt,1976;1981).

Un altro tipo di difesa che può essere messa in atto dall’anziano è quello della

rimozione. Alcuni sentimenti ed emozioni spiacevoli sono mantenute al di fuori

della coscienza: ciò può essere messo in atto, per esempio, impegnandosi in altre

attività, fino ad arrivare, in alcuni casi, all’iperattività o ad attività motorie

aberranti. Il venir meno, nelle ore notturne del meccanismo della rimozione può

altresì spiegare i casi di irrequietezza o vera e propria agitazione notturna.

Di particolare interesse appaiono poi le strategie regressive che si manifestano

con una chiusura in se stessi e con il darsi facilmente per vinti. Tali

comportamenti possono essere una strategia di risposta alle frustrazioni e al

sentimento di inadeguatezza e vergogna che deriva dalle proprie difficoltà. Questa

strategia, tuttavia, appare efficace soltanto parzialmente in quanto l’isolamento

porta alla solitudine. Solitudine che, a sua volta, pregiudica la possibilità di poter

contare sul sostegno emotivo delle persone vicine, con il risultato di peggiorare

ulteriormente lo stato emotivo e l’equilibrio. (Droes, 1991).

Al fine di contrastare l’isolamento, e dare risposte concrete alla riduzione

dell’autosufficienza, nelle persone anziane si rende necessario promuovere

attivamente la partecipazione sociale, l’accessibilità e la disponibilità di contesti a

bassa soglia.

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All’interno delle politiche assistenziali è necessario adottare un approccio che si

fondi sulla programmazione e non sull’emergenza, modulando servizi ed

interventi sui bisogni della persona, considerata nel suo insieme di relazioni e

bisogni.

Anche se fino ad ora la nostra attenzione si è focalizzata sulla persona è

importante sottolineare l’impatto allargato di tale patologia, nella quale si ammala

l’intero nucleo familiare e nella quale il sostegno di chi cura è importante quasi

quanto quello della persona affetta. Il familiare dell’anziano con deterioramento

cognitivo, soprattutto se residente a domicilio, ha un ruolo fondamentale nella

cura e si trova a dover gestire situazioni delle quali spesso non ha sufficienti

conoscenze, sia pratiche sia teoriche, per farvi fronte in maniera adeguata.

La famiglia dell’anziano con demenza, e in particolar modo il coniuge, deve

affrontare un complicato e duraturo processo di adattamento continuo alle

perdite e ai cambiamenti: la persona cara è ancora fisicamente presente, tuttavia

giorno dopo giorno la famiglia affronta la sua progressiva perdita in termini

emotivi.

Se già è difficile far fronte ad una normale situazione di perdita, ci si può

immaginare quale possa essere la condizione indotta dalla demenza, nella quale

la persona è sottoposta ad un progressivo declino cognitivo che lo pone in

posizione di svantaggio per quanto riguarda la capacità di far fronte alla malattia

e aiutare il coniuge. Il fatto che vi sia questa disparità tra le abilità cognitive e

supportive dei due partner spesso contribuisce al dramma della demenza.

Un’altra potenziale conseguenza è che le mutate relazioni tra la persona con

demenza e il partner determinano uno stato di isolamento emotivo, a meno che

non venga data, dalla realtà territoriale, un’adeguata risposta alle necessità

assistenziali e psicologiche. (Miesen, 1994)

Tutto ciò mette in evidenza come il sostegno e la cura delle persone con demenza

e delle loro famiglie necessitino di un approccio multimodale.

Allo stesso modo è importante sottolineare che le persone in condizioni di

difficoltà e di bisogno, quali possono essere l’anziano affetto da demenza e la sua

famiglia, appaiono talmente bisognose di ricevere aiuto e supporto da divenire in

alcune circostanze acritiche nei confronti del trattamento, delle cure e del

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sostegno che gli viene offerto. E’ pertanto importante che il professionista sia

consapevole del proprio ruolo e della propria “autorità” e svolga il proprio lavoro

in maniera deontologicamente corretta proponendo terapie e trattamenti volti al

benessere dei propri assistiti e dei quali sia stata provata la reale efficacia.

Relativamente ai servizi e ai trattamenti disponibili, essi possono essere distinti in

tre macrocategorie:

1. i servizi territoriali: una vasta ed eterogenea gamma di servizi, variamente

distribuiti sul territorio, organizzati al fine di permettere all’anziano con

demenza di restare a domicilio per il maggior tempo possibile poiché vi è la

consapevolezza che la qualità della vita sia favorita dal restare nel proprio,

abituale ambiente;

2. i servizi semiresidenziali: ad esempio, centri diurni o notturni e i ricoveri

di sollievo che forniscono un maggiore sostegno alla famiglia ponendosi

come una via intermedia tra la domiciliarità e l’istituzionalizzazione;

3. i servizi residenziali: case di riposo, protette ed RSA (Residenze Sanitarie

Assistite) che si caratterizzano per la totale residenzialità degli utenti e che,

a seconda della tipologia, si differenziano per il grado di assistenza

sanitaria fornita.

Tali servizi, nel loro complesso, dovrebbero essere in grado di fornire al malato e

alla sua famiglia una vasta gamma di risposte capace di far fronte alle molteplici

condizioni e ai diversi bisogni.

All’interno dell’offerta territoriale si situano i Cafè Alzheimer che, come

descriveremo dettagliatamente in seguito, si possono definire come degli spazi di

incontro informali ma strutturati rivolti all’anziano e a chi si occupa di lui (siano

essi familiari o assistenti familiari).

Questa nuova logica di servizio permette al malato di “sentire” che esiste un

“luogo” immaginato per le sue esigenze, nel quale assieme alla sua famiglia può

ritrovarsi fuori dalle mura di casa portando con sé la propria malattia senza

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doverla nascondere o sfuggire, dove affrontare con il supporto di altri un

problema di per sé drammatico attraverso lo sviluppo di relazioni interpersonali

e la valorizzazione delle risorse residue della persona affetta da demenza.

Nei paragrafi seguenti analizzeremo i modelli teorici a cui fanno riferimento tali

esperienze, la posizione della regione Emilia-Romagna nei confronti delle stesse e,

infine, saranno presentate alcune indicazioni relative al contenuto, alla

pianificazione e alla gestione di un Cafè.

12 L’APPROCCIO ALLA DEMENZA

NELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

L’ Emilia-Romagna è la seconda regione italiana (dopo la Liguria), per presenza di

popolazione anziana. Al 1° gennaio 2007 la popolazione ultrasessantacinquenne

ha raggiunto le 961.323 unità (22,8%), la popolazione ultrasettantacinquenne le

481.575 unità (11,4%) e la popolazione ultraottantenne le 283.791 unità (6,7%).

Nei prossimi anni tali quote sono destinate ad aumentare, sia in termini assoluti

sia in percentuale sul totale della popolazione. Tale prospettiva ha reso necessaria

la programmazione di una risposta assistenziale adeguata.

A tale proposito è stato elaborato il Piano Sociale Sanitario 2008-2010 all’interno

del quale vi è una sezione specificatamente dedicata all’area anziani, nella quale è

affrontato il tema della costituzione e dell’utilizzo, da parte della regione Emilia-

Romagna, del Fondo regionale per la non autosufficienza (FRNA) (DGR

1206/2007).

Tali risorse vengono prioritariamente orientate allo sviluppo della domiciliarità e

della rete dei servizi residenziali e semiresidenziali per la popolazione anziana,

nelle realtà territoriali in cui l’offerta attesa non risulti ancora raggiunta.

Una parte specifica di tale fondo è inoltre destinata al sostegno di quei servizi ed

attività innovativi, ancora poco formalizzati o in fase sperimentale. Queste ultime

rappresentano la frontiera avanzata delle nuove prospettive di aiuto tutelare e di

assistenza “leggera” a favore dell’universo, così vario e in espansione, della non

autosufficienza. I futuri scenari demografici, la previsione di molti anziani con alle

spalle un numero di familiari ridotto o addirittura senza familiari, rendono

necessaria la sperimentazione di nuove forme di relazione e sostegno, capaci di

arricchire e completare ciò che i sistemi locali sono in grado di offrire

attualmente.

Nell’ambito delle politiche sociali e sanitarie la Regione Emilia-Romagna si

propone di orientare la programmazione dei servizi e degli interventi sul territorio

e, contemporaneamente, promuovere una cultura diffusa, volta alla valorizzazione

del ruolo delle persone anziane, al rafforzamento delle reti sociali e delle

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opportunità di aggregazione e di relazione, allo sviluppo dei rapporti

intergenerazionali, favorendo in particolare la promozione di stili di vita sani,

solidali, ricchi di relazione nel corso di tutta la vita

In particolare il piano sociale e sanitario 2008-2010 si pone i seguenti obiettivi

principali:

1. sviluppare la domiciliarità, valorizzare il lavoro di cura e sostenere la famiglia;

2. ridisegnare la rete dei servizi per le persone non autosufficienti secondo un

sistema di cure graduali nell’ambito del Distretto;

3. sperimentare servizi e interventi rivolti a rispondere a nuovi bisogni;

4. sostenere nuove forme di convivenza: “vivere insieme”

All’interno dell’obiettivo relativo alla sperimentazione di servizi ed interventi rivolti

a rispondere a nuovi bisogni il piano sociale e sanitario 2008-10 riporta uno

specifico riferimento agli Alzheimer Cafè sottolineando la necessità di sviluppare

interventi a bassa soglia e ad alta capacità di contatto, prima che il bisogno

giunga a livello di alta complessità, facendo perno sulla valorizzazione delle

risorse individuali di ogni anziano quale risorsa fondamentale per il

mantenimento del più alto livello possibile di autonomia.

Tale tipologia di interventi, che non si configurano come servizi assistenziali,

potrebbero rappresentare un terreno di iniziativa e collaborazione con le risorse

locali ad iniziare dal volontariato.

Le informazioni presentate in questo capitolo si riferiscono al Piano Sociale

Sanitario 2008-2010 della Regione Emilia-Romagna disponibile sul sito:

http://www.emiliaromagnasociale.it/wcm/emiliaromagnasociale/news/2008/ma

ggio/26_pianosocialepp.htm

14 MODELLI TEORICI

Alla base dell’interesse italiano per la tematica che lega Cafè e demenze vi sono

due diverse tipologie di approccio entrambe originate nei Paesi Bassi negli anni

Novanta del secolo scorso: Alzheimer Cafè (proposti dal dr. Bere Miesen) e

Meeting Centers (ideati della dr.ssa R.M. Droes).

Nei paragrafi seguenti cercheremo di illustrare brevemente i principali aspetti di

tali esperienze.

Alzheimer Cafè

L’Alzheimer Cafè, proposto dal dottor Bere Miesen (psicologo clinico specializzato

nell’ambito dell’invecchiamento al centro Marienhaven di Psychogeriatric,

Warmond, in Olanda), rientra all’interno degli interventi di tipo psicosociale.

Il primo Alzheimer Cafè nacque a Leiden il 15 settembre 1997 all’interno della

sala conferenze dell’università. Da allora tale esperienza si è sviluppata a macchia

d’olio: ad oggi nei paesi Bassi ne esistono più di 60 e ne sono nati altri anche nel

Regno Unito, Italia, Grecia, Australia, e Stati Uniti d'America.

Rivolto principalmente a coloro che affrontano le fasi iniziali della malattia,

l’Alzheimer Cafè può essere definito come un luogo sicuro nel quale si respira

un’atmosfera rilassata e accogliente, nel quale i partecipanti possano esprimere

se stessi, essere ascoltati e trovare conforto nella loro lotta contro l’isolamento e

la solitudine.

Con la creazione dell’Alzheimer Cafè vi è un posto dove familiari e malati possono

recarsi insieme, scoprire che non sono soli e capire come altri fanno fronte alla

malattia e alle sue conseguenze. I visitatori provano un sentimento di

appartenenza e trovano riconoscimento ed accettazione.

L’idea di Alzheimer Cafè nasce per dare risposta ai bisogni dei malati e delle loro

famiglie, fornendo spazi per la condivisione delle numerose difficoltà pratiche e

per l'espressione delle emozioni spesso inascoltate a causa dell’isolamento

(Miesen, 2004).

Lo stesso Miesen afferma che il cafè presenta tre obiettivi principali:

1. fornire informazioni sugli aspetti medici e psicosociali della demenza;

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2. offrire la possibilità di parlare apertamente dei propri problemi

(riconoscimento e accettazione sociale);

3. promuovere la socializzazione e prevenire l’isolamento delle persone con

demenza e delle loro famiglie.

Gli incontri presentano una duplice natura: quella terapeutica, che dà ampio

spazio anche all’informazione, e quella della socializzazione, alla quale è riservata

una notevole considerazione.

È di primaria importanza che i visitatori possano parlare tra di loro in maniera

informale e senza interruzione, scambiandosi esperienze, o consultando sempre

in maniera informale operatori e specialisti. È proprio questa atmosfera tranquilla

e accogliente, associata al fatto che tali incontri si svolgono in un ambiente a

bassa soglia di accesso, in altri termini “normalizzato”, che contribuisce a

soddisfare i bisogni di appartenenza, accettazione, e riconoscimento menzionati

in precedenza.

Gli incontri al Cafè si svolgono a cadenza mensile ed hanno una durata di circa

tre ore. Alcuni Cafè svolgono gli incontri durante la giornata e altri, invece, nel

dopo cena, al fine di favorire la partecipazione anche dei familiari che lavorano.

La scelta della sede e degli orari influirà sull’utenza; pertanto è importante

operare tale scelta in maniera consapevole e ragionata.

La tematica che viene trattata durante l’incontro varia di volta in volta ma la

struttura degli incontri rimane fissa. L’andamento dell’incontro può essere

approssimativamente suddiviso in 5 parti:

· arrivo e introduzione: Meisen afferma che per questa prima fase è

necessaria circa mezz’ora dato che, come avviene in un normale cafè, i

visitatori arrivano a poco a poco e deve essere lasciato loro il tempo di

accomodarsi e bere qualcosa. Spesso questo momento iniziale è utilizzato

soprattutto da coloro che frequentano il Cafè da più tempo per incontrarsi

gli uni con gli altri e prendere accordi. In questa fase iniziale, compito degli

organizzatori è accogliere i nuovi arrivati e metterli a proprio agio: se

necessario, possono anche accompagnarli a un tavolo nel quale siano già

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presenti ospiti che frequentano da tempo il Cafè e professionisti. Lo scopo è

favorire la socializzazione ed evitare che restino isolati;

· presentazione di un video o di una conferenza sotto forma di

intervista: anche per questa parte dell’incontro è prevista circa mezz’ora.

Sulla modalità di svolgimento esistono varie possibilità. Una prima

possibilità è quella di invitare un esperto che fornisca informazioni relative

al tema della serata sotto forma di monologo o, in alternativa, in forma di

intervista. La scelta dell’esperto deve tenere conto del fatto che una buona

presentazione incoraggia la gente a porre domande. Una seconda possibilità

è costituita dalla presentazione di un video: nei Cafè olandesi, ad esempio,

sono stati utilizzati a questo scopo alcuni episodi della serie televisiva

“Vivere con la demenza”. In alternativa è possibile effettuare una

registrazione di un colloquio con una persona con demenza e i suoi

caregivers nel suo ambiente familiare e mostrarla durante la riunione. Sia

che si tratti di una conferenza, di un video o di un’intervista, è importante

che il pubblico possa riconoscersi nel materiale che viene presentato,

poiché ciò contribuisce a rendere più efficace l’acquisizione di informazioni;

· intervallo con musica e bevande: lungi dall’essere un momento di pausa,

come suggerirebbe il nome, questo momento viene utilizzato dagli

organizzatori per rispondere alle domande che gli ospiti preferiscono non

fare in pubblico. Possono inoltre unirsi ai tavoli nei quali le persone stanno

discutendo sia che si tratti o meno dell’argomento della serata e raccogliere

domande e spunti di riflessione da portare in primo piano dopo l'intervallo.

È importante porre particolare attenzione alle domande che vanno al di là

dell’esperienza del singolo e che possono invece risultare interessanti per

tante altre persone. In questi casi, invece di rispondere alla domanda

immediatamente, la persona che chiede potrebbe essere incoraggiata a

sollevare la questione durante la successiva discussione. Nel momento di

intervallo le persone possono anche visitare lo stand informativo che è

sempre allestito all’interno del Cafè;

17 · il dibattito: al termine dell’intervallo si apre la discussione. Affinché

proceda in maniera ordinata e comprensibile può essere utile concordare

alcune regole con il pubblico. Il conduttore deve mantenere il filo della

discussione ripartendo adeguatamente il limitato periodo di tempo tra tutti

coloro che vogliono dare il proprio contributo. Qualora qualcuno degli ospiti

tenda a dominare la situazione con le proprie domande o opinioni sarà

opportuno fargli presente in modo educato che anche altri devono potersi

esprimere in merito ai temi presenti nel dibattito. Talvolta è opportuno che

siano gli altri visitatori a sottolinearlo;

· conclusione e socializzazione informale: al termine del dibattito inizia la

fase conclusiva dell’incontro nella quale si lascia spazio all’atmosfera

informale del Cafè. Alcuni ospiti andranno via quasi subito; altri, invece,

approfitteranno di questo momento per parlare con altri familiari,

ascoltando le loro storie, o con gli specialisti, bevendo un drink. In alcuni

Alzheimer Cafè al termine dell’incontro si balla e si canta mentre in altri i

visitatori possono annotare le proprie impressioni sull’incontro su una

sorta di “diario di bordo”. Ciò può essere utile per valutare l’andamento del

Cafè. Gli organizzatori possono anche utilizzare questo momento informale

per discutere con i visitatori relativamente ad eventuali argomenti di futuri

incontri.

Tutte le informazioni contenute all’interno di questa sessione sono state tratte dal

testo intitolato “The Alzheimer Cafè concept” scritto dallo stesso Miesen in

collaborazione Gemma M.M. Jones e ritrovabile all’interno del libro “Caregiving in

Dementia”.

18 Meeting Centers

I Meeting Centers hanno origine ad Amsterdam nel 1993 ad opera di Rose Mary

Droes (docente presso il Dipartimento di Psichiatria di Vrije, Università di

Amsterdam). L’iniziativa, grazie alle numerose ricerche che ne dimostrano

l’efficacia, si è notevolmente sviluppata e, ad oggi, soltanto nei Paesi Bassi, ne

risultano attivi 46.

Il Meeting Center si configura come una tipologia di approccio integrato volto a

fornire, mediante l’attività di specifici professionisti, supporto e sostegno sia alla

persona con demenza sia ai suoi familiari e accompagnatori per aiutarli a far

fronte alla malattia.

Lo staff è ristretto e composto da due/tre professionisti ogni 15 anziani e

rispettivi familiari. L’attività del Meeting Center è specificatamente rivolta ad

anziani con diagnosi di demenza di grado lieve/moderato.

Tale tipologia di approccio integrato prevede tre incontri settimanali che si

svolgono all’interno del centro socio-culturale del quartiere (da cui deriva il nome

Meeting Center), durante i quali vengono proposte attività specifiche rivolte

all’anziano, al familiare ed attività da svolgere insieme (ad esempio momenti di

festa o uscite). Tra le attività rivolte agli anziani ci sono attività sociali e ricreative,

reminiscenza, stimolazione cognitiva, musicoterapia e attività psicomotoria. Per i

familiari sono invece organizzati gruppi di supporto, conferenze informative

presiedute da esperti e momenti di consultazione individuale necessari per

comprendere al meglio i bisogni specifici della persona.

Il Meeting Center si configura altresì come un luogo aperto verso l’esterno (in

alcune occasioni può accogliere anche bambini e studenti).

Dopo la fase di sviluppo del Meeting Center, tra il 1994 e il 1996, è stato condotto

uno studio controllato che ha dimostrato che il programma determina maggiori

benefici sia per le persone con demenza sia per i familiari rispetto ai normali

programmi di assistenza non integrati, come, ad esempio, l’assistenza

psicogeriatrica giornaliera.

Nello specifico si è osservato che il Mcsp (Meeting Center support program) ha

maggiori effetti positivi rispetto alle altre tipologie di supporto nella riduzione del

burden assistenziale, nel contrastare gli effetti negativi del distress e nel

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promuovere il senso di competenza del carer (Droes et al, 2004,). La maggior

parte dei familiari che partecipano al Meeting Center percepisce un maggior

sostegno professionale ed un ampliamento della rete sociale alla quale rivolgersi

(Droes et all, 2006). Da sottolineare la riduzione e/o il ritardo

dell’istituzionalizzazione degli anziani che partecipano al programma (Droes et al,

2004;2006).

Altre ricerche sono focalizzate sui fattori che possono svolgere un ruolo facilitante

nelle varie fasi di implementazione dei Meeting Centers: nello specifico, risultano

di particolare importanza la presenza di uno staff motivato, un’attività

professionale continua e varia, la disponibilità di risorse finanziarie e la

cooperazione con gli altri servizi e organizzazioni attivi sul territorio (Meiland et al,

2005). E’ inoltre stato dimostrato che un approfondito studio preliminare e un

tipo di supporto che sia in linea con le caratteristiche delle persone coinvolte è

indispensabile per la buona riuscita del progetto (Oste et al, 2005; Smith et al,

2007).

20 INDICAZIONI

PER LA CREAZIONE

DI UN CAFE’ IN EMILIA ROMAGNA

Le due tipologie di approccio sopra descritte possono essere considerate come i

due poli di un continuum il cui scopo principale, come già osservato, è quello di

sostenere il processo di accettazione e di adattamento alla malattia, oltre che

favorire e mantenere l'inclusione e la partecipazione sociale delle persone malate

e dei loro familiari. L’aspetto innovativo di tali esperienze è rappresentato dalla

bassa soglia di accesso che consente alle persone di partecipare liberamente

senza, per questo, essere identificati come fruitori di un servizio.

La progressiva diffusione di questi modelli in Italia, in contesti culturalmente

diversi da quelle in cui hanno avuto origine, ha determinato adattamenti e

modifiche, come l'istituzione di prassi particolari alcune volte ben diverse da

quelle dei modelli di partenza.

Sulla base di questa consapevolezza abbiamo pensato che la pubblicazione di

indicazioni sul contenuto, sulla pianificazione e sulla gestione di un Cafè

Alzheimer potesse essere utile a tutti coloro che intendono avvicinarsi a questa

tipologia di intervento.

La stesura di questo documento è stata possibile a partire da due incontri a

livello provinciale, organizzati dal Centro Studi RiattivaMente, ai quali hanno

partecipato i referenti dei Cafè attualmente attivi sul territorio della provincia di

Bologna: Crevalcore, San Pietro in Casale, Castello D’Argile, Anzola dell’Emilia,

San Biagio di Casalecchio, Castel Maggiore, Bologna (quartiere San Vitale),

Rastignano e Imola. Successivamente a questi incontri sono stati aperti tre

ulteriori Cafè: a Castel San Pietro Terme, a San Lazzaro di Savena e a

Bentivoglio.

Di seguito verranno riportati le conclusioni degli incontri che hanno permesso di

mettere in evidenza i punti salienti che sono stati utili nella pianificazione e nella

conduzione dell'esperienza dei Cafè. Vengono riportati anche gli aspetti di

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criticità riscontrati nelle diverse realtà. Queste informazioni possono

rappresentare, a nostro parere, un utile strumento per lo sviluppo di nuove

esperienze in questo contesto.

Salvador Dalì – La Rosa Meditativa

22 PIANIFICAZIONE E OBIETTIVI

La fase iniziale di progettazione e pianificazione del Cafè è di vitale importanza

per la buona riuscita del progetto dato che soltanto un’iniziativa che poggi su

solide fondamenta può svilupparsi e permanere nel tempo. Come già ampiamente

sottolineato, l’obiettivo attorno al quale si sviluppa il Cafè è quello di creare spazi

d’incontro informali ma strutturati per i malati affetti da demenza e per i loro

familiari, molto spesso isolati e con un carico assistenziale ed emotivo che non

consente loro una vita di relazione accettabile. Per fare ciò è di primaria

importanza accrescere, nella collettività, la consapevolezza di alcuni aspetti che

riguardano questa patologia al fine di sensibilizzarla.

Soggetti promotori

L'apertura del Cafè può essere promossa da varie tipologie di enti, servizi o

organizzazioni. Nelle realtà in cui ad oggi è attivo un Cafè, l’iniziativa è stata

promossa da un ente o una struttura che fornisce servizi nell'ambito della

demenza, da associazioni di familiari o da enti locali che gestivano servizi.

Tutte le realtà si sono attivate per fornire una risposta ulteriore ai bisogni e in

seguito alla diffusione della conoscenza.

Non è necessario che il soggetto promotore sia identificato

in una tipologia specifica di ente o di organizzazione.

Promozione e fruibilità

Il Cafè si caratterizza come un ambiente aperto ed accessibile. Risulta, quindi,

molto importante curare la fase di informazione e promozione dell’iniziativa al fine

di renderla fruibile a tutti coloro che, “per motivi professionali o personali” si

trovino ad affrontare tale patologia.

Informazione e promozione:

condizioni di base

per un Cafè aperto e fruibile

Partecipazione e coinvolgimento delle risorse 23

Di seguito proponiamo una lista dei contatti che potrebbe essere importante

informare dell’apertura del Cafè: famiglie, gruppi di auto-mutuo-aiuto,

associazioni di familiari, associazioni di volontari, cooperative sociali, parrocchie,

centri sociali, istituzioni, servizi sociali, servizi assistenziali e sanitari, centri

esperti per i disturbi cognitivi, medici di medicina generale. Ci sembra importante

portare a conoscenza del maggiore numero di attori possibili l'informazione

inerente lo sviluppo dell'esperienza in quanto contribuisce alla condivisione

dell'esperienza stessa e favorisce il riconoscimento della sua utilità da parte delle

persone con demenza e dei loro familiari.

Si potrebbe quindi raccomandare che già dalla fase di ideazione dell'esperienza siano

coinvolti tutti gli attori interessati sul territorio in modo da facilitarne il riconoscimento e

la condivisone. Inoltre potrebbe essere utile pensare a tali iniziative come un punto di

evoluzione di altre, e quindi adottare un percorso costruttivo che ne faciliti la

partecipazione.

La partecipazione di tutti gli attori è importante a partire

dalla fase di pianificazione dell'esperienza.

Nella fase di progettazione del Cafè potrebbe essere utile frequentare e prendere

visione di altri Cafè attivi sul territorio e poter contare sull’appoggio di coloro che

già da qualche tempo stanno portando avanti tale esperienza, in modo da poter

trarre spunti e ottenere consigli.

Le esperienze già attive possono essere una grande risorsa.

Il ruolo del cafè all'interno della rete territoriale

Il Cafè rappresenta un ulteriore tassello del mosaico costituito dalle proposte che

la rete territoriale offre alle persone con demenza e alle loro famiglie. Si identifica

come un luogo d’incontro dove condividere e affrontare, con cadenza settimanale,

diverse tematiche relative alla malattia.

Affinché tale iniziativa funzioni nel migliore dei modi è opportuno che il Cafè

stabilisca una collaborazione attiva e continuativa con la rete dei servizi a

24

disposizione dei malati e dei loro familiari. Precedenti esperienze hanno

evidenziato che la partecipazione al Cafè favorisce la conoscenza e il corretto

utilizzo della rete dei servizi disponibili nel territorio rivolti alla popolazione

anziana. Quando necessario, il Cafè può anche svolgere il ruolo di tramite tra

popolazione e servizi, segnalando ai servizi sociali la necessità di presa in carico

di famiglie giunte al cafè in modo autonomo.

Molti Cafè attivi nel territorio bolognese non hanno potuto contare su un

supporto istituzionale nella fase di progettazione iniziale dell’esperienza. Sarebbe

invece auspicabile potersi avvalere sin dall’inizio della collaborazione e del

sostegno delle istituzioni e delle associazioni di familiari e volontari attive nel

territorio. Cìò è importante non soltanto per il sostegno che l’istituzione è in grado

di fornire, ma, soprattutto, per ottenere il riconoscimento del Cafè all’interno della

rete dei servizi volti a sostenere l’anziano con demenza e chi si prende cura di lui.

Supporto e riconoscimento istituzionale sono

fondamentali per la buona riuscita del Cafè!

DIVULGAZIONE E PROMOZIONE DEL PROGETTO 25

Dal tavolo di pianificazione occorre sviluppare un’azione di divulgazione che può

essere fatta nella fase iniziale di presentazione del Cafè con l' organizzazione di

una conferenza o un incontro pubblico al quale invitare sia la popolazione sia i

rappresentanti delle istituzioni. Risulta opportuno mantenere l'attenzione accesa

sul Cafè attraverso azioni di promozione e di richiamo.

Un’ altra modalità efficace è quella dell'azione di informazione veicolata oltre che

dai servizi anche dagli stessi utenti, da altre associazioni e dalle realtà territoriali

che vengono a conoscenza dell'esperienza. Anche i mezzi di informazioni a

diffusione locale e ristretta possono essere utili.

La divulgazione dell'informazione e un richiamo

periodico servono a mantenere efficace

il rapporto con la rete e con i cittadini interessati,

la rete di supporto e di sostegno del Cafè.

26 IL SETTING

La cura del setting è di fondamentale importanza per rendere il Cafè un luogo

fruibile alla maggior parte della popolazione anziana del territorio e per far si che,

pur non identificandosi in un servizio, possa essere strutturato nella maniera più

idonea.

La sede: l’importanza del contesto

Quanto all’ubicazione del Cafè, esistono varie opzioni: alcuni di quelli attualmente

esistenti si trovano all’interno di un centro sociale, altri nelle adiacenze o

addirittura all’interno di una casa protetta o di un centro diurno.

La scelta della sede è molto importante in quanto le sue caratteristiche

influiscono sulla tipologia di anziani che frequenteranno il Cafè. Se la struttura si

trova in un ambito sociale saranno maggiori le possibilità di coinvolgimento

anche di anziani senza patologie di tipo cognitivo, ma semplicemente fragili o soli.

La scelta di inserire il Cafè all’interno di un ambito sociale appare la migliore;

tuttavia, se ciò non fosse possibile, alcune accortezze possono facilitarne

l’apertura verso l’esterno in modo da renderlo maggiormente fruibile. Sarebbe per

esempio importante scegliere un luogo con un accesso diretto dall’esterno,

evitando, in questo modo, il passaggio delle persone all’interno della casa protetta

o del centro diurno.

Una insegna visibile e accattivante, così come la trasformazione dell’ambiente,

potrebbe contribuire a rendere il Cafè quanto più simile possibile ad un vero e

proprio bar e a non farlo percepire come un servizio. Alcuni accorgimenti utili

possono essere: l’uso di paraventi che nascondano l’accesso verso la casa protetta

e rendano più gradevole l’ambiente, oppure chiedere al personale in divisa

infermieristica di non accedere all’area dedicata al Cafè.

La scelta di una sede inserita in un contesto sociale “normale”

(non di tipo assistenziale) appare come la più idonea.

Laddove ciò non sia possibile, si potrà compensare

favorendo il più possibile le occasioni di apertura

e le frequentazioni esterne.

27

La scelta dell'orario

Allo stesso modo bisogna porre particolare attenzione alla scelta degli orari, che

devono adattarsi alla tipologia degli ospiti presenti (anziani e familiari): incontri a

metà mattina o metà pomeriggio favoriranno la presenza dell’anziano e del suo

caregiver – se non lavora – ma impediranno l’accesso a figli o familiari che

lavorano e che, invece, sarebbero facilitati da incontri nel tardo pomeriggio.

La scelta degli orari di apertura è in relazione

alle risorse e influenzerà la tipologia

delle persone che parteciperanno.

Accesso

L’idea del Cafè è quella di offrire un’opportunità e non un servizio; uno spazio di

transizione nel quale gli anziani possano accedere direttamente sia dalla propria

abitazione sia dai centri diurni della zona. L’accesso al Cafè è libero e gratuito:

tutti gli anziani e i loro familiari che decidono di iniziare a frequentare il Cafè

possono accedervi direttamente senza fare specifiche richieste. E’ importante che

la sede scelta sia caratterizzata da una bassa soglia di accesso e abbia le

caratteristiche per ospitare un numero di utenti che non viene programmato a

priori. Anziani e familiari potranno accedere al Cafè su segnalazione degli altri

servizi collaterali (ad esempio Asl, Saa, centri esperti, medici di Medicina

TIPOLOGIA DELLA SEDE

_ luogo interno ad un contesto protetto (Casa di Riposo, o Centro Diurno)

può facilitare l’identificazione con il contesto di accoglienza. Tuttavia

l’apertura a partecipanti esterni alla struttura potrebbe essere più

difficoltosa e può richiedere alcune accortezze e modifiche ambientale;

_ luogo situato nel Contesto di un bar o di un Centro Sociale fruibile da

parte di differenti partecipanti ed è facilitata l’apertura alla cittadinanza;

_ luogo che non presenta alcune caratteristiche tipiche del Caffè

necessita di essere adattato per risultare simile ad un bar e ricostruirne il

clima di accoglienza.

28

Generale…) oppure attraverso l’opera di divulgazione di coloro che già

frequentano il Cafè e ne riconoscono l’efficacia.

Il numero di anziani e familiari che frequentano il Cafè è flessibile e non

necessariamente continuativa in quanto l’accesso è libero e le persone possono

decidere di andare e venire come preferiscono senza essere vincolate alla

partecipazione.

Accesso aperto, gratuito e senza selezione.

Il trasporto

Coerentemente con lo scopo del Cafè di fornire supporto integrato sia all’anziano

sia al suo carer è auspicabile che sia il familiare stesso ad accompagnare

l’anziano al Cafè. Tuttavia la collaborazione del servizio di trasporto è molto

importante perché permette l’accesso al Cafè anche agli anziani che non sono in

grado di raggiungere la sede con un mezzo proprio.

Attivare la rete per garantire il trasporto

delle persone con difficoltà negli spostamenti

in modo da favorire la partecipazione.

CRITICITA’ RILEVATE

_ Sede: l’utilizzo di spazi non sufficientemente ampi ha comportato, in alcune

esperienze, la necessità di limitare il numero degli accessi venendo meno, in

tal modo, all’idea di luogo aperto, libero e fruibile. Tali considerazioni vanno

pertanto tenute in conto al momento della scelta della sede.

_ Trasporto : nella quasi totalità delle esperienze si sono evidenziate difficoltà di

trasporto. Qualora l’anziano non possa raggiungere autonomamente il Cafè è,

infatti, necessario ricorrere alla collaborazione dei volontari o di altri familiari e

all’utilizzo di un mezzo idoneo (per esempio del Comune o di un’Associazione).

Tale eventualità deve, pertanto, essere tenuta presente sin dalla fase di

progettazione. La scelta del giorno e degli orari di apertura e chiusura, devono

coincidere con la disponibilità del mezzo.

DESTINATARI 29

I principali attori del Cafè sono gli anziani con deterioramento cognitivo e i loro

familiari: a queste due figure si affianca quella dell’assistente familiare. Essendo,

il Cafè, un luogo aperto non bisogna tuttavia trascurare un quarto attore

necessariamente coinvolto: la comunità e il territorio.

Anziani con deterioramento cognitivo

Il Cafè, come già più volte sottolineato, si identifica come luogo dedicato

principalmente all’anziano con demenza. In particolare è costruito da un lato per

rispondere ai suoi bisogni di inclusione e socializzazione e dall’altro per dargli la

possibilità di svolgere attività mirate alla stimolazione delle capacità residue.

Un ambiente costruito attorno all’anziano con demenza.

Familiari

Il familiare dell’anziano con deterioramento cognitivo, soprattutto se residente a

domicilio, ha un ruolo fondamentale nella cura, e si trova a dover gestire

situazioni delle quali spesso non ha sufficienti conoscenze sia pratiche sia

teoriche per farvi fronte in maniera adeguata. È pertanto necessario includere

questa importante figura all’interno del Cafè, garantendogli interventi specifici,

costruiti a partire dai bisogni da loro stessi evidenziati (es. informazione,

sostegno...).

Accesso libero dei familiari senza limitazioni e condizioni.

Assistenti familiari

Il ruolo sempre più significativo svolto dalle assistenti familiari nel lavoro di cura

a domicilio rende necessaria la loro inclusione all’interno del Cafè e la

programmazione di interventi specifici rivolti a tali figure.

Informare e coinvolgere gli assistenti familiari.

30 La comunità

Le esperienze sottolineano la necessità di rendere il Cafè un luogo aperto a

qualunque anziano in condizione di fragilità o che, semplicemente, manifesti il

desiderio di parteciparvi. Da un lato l’anziano “sano”, soprattutto se solo, trae

giovamento dal frequentare il Cafè sia sotto l’aspetto della socializzazione sia dal

beneficio che ottiene dalle attività di stimolazione; dall’altro, la sua presenza può

rappresentare una risorsa per il Cafè stesso in virtù dell’aiuto che può offrire agli

altri.

Apertura a tutti gli anziani senza selezione per patologia.

In occasioni specifiche le attività del Cafè coinvolgono direttamente la comunità

attraverso la partecipazione di scuole, asili, parrocchia, centri diurni...come si

spiegherà in maniera più estesa nella parte relativa alle attività.

Il cafè come luogo aperto verso l'esterno.

31

CRITICITA’ RILEVATE

_ Gestione del calo dei partecipanti: alcuni cafè hanno evidenziato che se il

gruppo di anziani è chiuso e non si rilevano nuovi accessi, esso tende a ridursi

a causa delle problematiche legate alla malattia che compromettono la

partecipazione al Cafè. Per questo motivo è importante, come già più volte

sottolineato, mantenere un buon rapporto con centri esperti, medici di

Medicina Generale e servizi sociali per facilitare l’introduzione di nuovi

membri;

_ Difficoltà di coinvolgimento dei familiari: in alcuni casi si è verificata una

progressiva diminuzione dell’affluenza dei familiari al Cafè. Ciò, da un lato,

sottolinea la fiducia che il familiare ripone nel Cafè ma, dall’altro, evidenzia la

necessità di elaborare azioni che possano rispondere ai bisogni del familiare;

_ Difficoltà di coinvolgimento degli assistenti familiari: in alcuni casi il

coinvolgimento degli assistenti familiari è apparso difficoltoso, tendevano

infatti da un lato a sostituirsi all’anziano durante le attività oppure a restare in

disparte. Queste nuove figure che si prendono cura dell’anziano svolgono un

ruolo di sempre maggiore importanza pertanto è indispensabile coinvolgerle

direttamente ed, eventualmente, programmare attività a loro specificatamente

dedicate. Non va sottovalutato da un lato il loro livello di conoscenza in merito

alla malattia e dall'altro i loro specifici bisogni non correlati unicamente con le

condizioni della persona assistita.

_ Difficoltà di coinvolgimento della comunità e degli altri servizi presenti

sul territorio : alcuni Cafè manifestano una difficoltà nella collaborazione con

gli altri servizi territoriali come assistenti sociali o medici di medicina generale;

come specificato nella sezione relativa ai contatti è opportuno, per favorire il

coinvolgimento e la collaborazione di tutti, rendere tali soggetti partecipi della

nascita della nuova iniziativa sin dalle fasi della sua progettazione affinché

ognuno di loro possa scegliere la tipologia di contributo da offrire. Inoltre è

utile una ricorrente azione di informazione a questo livello al fine di permettere

il “ricordo” dell’esperienza.

32 MODALITA' DI SVOLGIMENTO

Dalla socializzazione spontanea alla pianificazione dell'attività e

ricerca del fare.

Uno degli obiettivi fondamentali del Cafè è favorire la socializzazione: tale finalità

è raggiunta attraverso momenti conviviali, come ad esempio la merenda1, ai quali

partecipano insieme i quattro attori precedentemente descritti. A questi momenti

è riservato uno spazio specifico che generalmente precede o segue le altre attività

che vengono svolte al Cafè. Tali attività possono essere di varia tipologia ed essere

differenziate sulla base dei destinatari (tipologia, numero, problematiche...) e del

grado di strutturazione.

Stare insieme e fare insieme un binomio da preservare.

1 nel rispetto delle specifiche raccomandazioni igienico-sanitarie

Attività con l'anziano con demenza

L’intervento indirizzato all’anziano con demenza si prefigge come obiettivo

generale la stimolazione e il mantenimento delle capacità cognitive e motorie,

nonché il favorire le abilità comunicative e relazionali. Tale obiettivo può essere

raggiunto mediante lo svolgimento di attività specifiche, quali la stimolazione

cognitiva e sensoriale, la reminiscenza, oppure attraverso un’attività di tipo

aspecifico.

I Cafè attivi sul territorio bolognese si riuniscono per lo svolgimento delle attività

con l’anziano a cadenza settimanale o quindicinale.

La tipologia di attività viene programmata generalmente a cadenza mensile o

bimestrale tenendo presenti interessi e capacità degli anziani. E’ necessario

mantenere sempre una certa flessibilità e sapersi “modellare” sulla base delle

situazioni contingenti. In alcuni cafè la programmazione segue il seguente

schema: attività di stimolazione cognitiva – attività occupazionale – attività di

socializzazione

Attività cognitive,

motorie e occupazionali.

33

Attività con i familiari

Il Cafè rappresenta uno spazio di condivisione del problema nonché di scambio e

acquisizione di nuove conoscenze per i familiari, che possono essere coinvolti in

vario modo all’interno del Cafè. Potranno svolgere attività parallele a quelle

proposte agli anziani, come ad esempio, partecipare ad incontri di supporto o

informativi con esperti sia su tematiche relative alla demenza sia su argomenti di

interesse del familiare, anche se non necessariamente relativi alla malattia.

Qualora esistano altri servizi per far fronte al bisogno specifico del familiare,

potranno partecipare alle attività dirette all’anziano mettendosi in gioco e

riscoprendo, in questo modo, la bellezza del “fare insieme”.

Questi interventi hanno la finalità di sostenere il familiare e prevenire

l’isolamento sociale creando le condizioni per far fronte al senso di impotenza

spesso riscontrato dai familiari di anziani con demenza. Nei Cafè già funzionanti

l’attività di supporto è generalmente svolta a cadenza quindicinale mentre gli

incontri con gli esperti sono programmati assieme ai familiari stessi, sia per

quanto riguarda la tematica sia la frequenza.

E’ auspicabile che i familiari supportino

l'attività svolta con gli anziani o che

ricevano essi stessi un intervento quale

informazioni, supporto, incontri con esperti.

Attività con gli assistenti familiari

Per gli assistenti familiari che, come già detto in precedenza, rivestono un ruolo

di sempre maggiore importanza nella cura dell’anziano con demenza, possono

essere organizzati incontri strutturati di tipo informativo. Il loro coinvolgimento

nelle attività svolte insieme all'anziano favorisce la socializzazione e costituisce un

importante momento per apprendere il modo migliore per interagire con l'anziano,

facilitandolo senza sostituirlo.

34

La relazione come possibilità di apprendimento

affiancata ad attività specifiche.

Attività aperte alla comunità

Lo svolgimento di tutte le attività viene periodicamente intervallata da momenti di

festa che vengono organizzati al Cafè in specifici momenti dell’anno (ad esempio

per Natale, Carnevale o a fine anno come conclusione delle attività) per favorire la

socializzazione e l’apertura del Cafè verso l’esterno. In alcuni Cafè inoltre vengono

periodicamente invitati i bambini della scuola materna o i ragazzi della scuola

media per svolgere le attività insieme agli anziani.

E’ importante che il gruppo dei partecipanti sia il più possibile eterogeneo e

differenziato, evitando di connotarsi come “gruppo di soli anziani”.

Il cafè come opportunità di scambio intergenerazionale

LE ATTIVITA’ AL CAFE’ – Schema riassuntivo

· stare insieme e fare insieme: un binomio da preservare

· le proposte variano sulla base dei destinatari e del grado di strutturazione

degli incontri

· socializzazione attraverso momenti conviviali e di svago: lo “stare insieme

informale” viene preservato da tutti i Caffè

PROFESSIONISTI E RUOLI SPECIFICI 35

Gli incontri al Cafè dovrebbero prevedere la presenza costante e continuativa

principalmente di tre figure di base: uno psicologo, un animatore e un

coordinatore.

Lo psicologo ricopre un duplice ruolo all’interno del Cafè: da una parte

interagisce direttamente con gli anziani e i familiari, dall’altra ha una funzione di

supervisione e gestione del gruppo di lavoro e dei volontari.

Nello specifico, lo psicologo conduce l’attività coi familiari di tipo informativosupportivo

e gli interventi cognitivi dedicati all’anziano quali la stimolazione

cognitiva e la reminiscenza. Durante lo svolgimento delle attività manuali e

ludiche, invece, affianca l’animatore ponendo particolare attenzione agli anziani

maggiormente in difficoltà e alle dinamiche relazionali anziano-caregiver, col fine

ultimo di fornire, ove necessario, informazioni ed indicazioni utili.

L’animatore conduce le attività occupazionali con l’anziano strutturandole sulla

base delle capacità e degli interessi dei singoli partecipanti in modo da evitare, il

più possibile, situazioni frustranti. L’animatore è, quindi, un operatore sensibile e

attento alle reazioni degli anziani coinvolti nelle attività da lui proposte.

Il coordinatore è una figura essenziale poiché rappresenta un punto d’incontro

tra le diverse figure professionali e non che interagiscono all’interno del Cafè.

Inoltre è punto di riferimento per gli anziani e le famiglie.

Altre figure

In uno dei Cafè presenti sul territorio bolognese, un’altra figura che si affianca

alle precedenti è quella del fisioterapista che svolge attività motoria con gli

anziani.

Gli incontri informativi su tematiche specifiche vengono invece condotti da esperti

quali il geriatra, il neurologo, il fisioterapista, la dietista o l’avvocato... che sono

appositamente invitati al Cafè.

I professionisti coinvolti sono figure presenti continuativamente

e figure presenti previo accordo o su richiesta.

36 CRITICITA’ RILEVATE

_ Rapporto operatori/anziani : è bene tenere presente che all’aumentare del

numero degli anziani si riduce parallelamente il tempo che può essere ad essi

dedicato. Ciò si traduce, con buona probabilità, in un impoverimento della

relazione; pertanto sarebbe opportuno definire il numero di operatori coinvolti

sulla base del numero di anziani.

VOLONTARI

Le figure professionali sopra descritte conducono le attività affiancati da volontari

appartenenti alle associazioni o partecipanti in modo autonomo, la cui presenza

garantisce un indispensabile sostegno alla realizzazione delle attività. Il ruolo del

volontario consiste nell’affiancare l’anziano con deterioramento cognitivo nello

svolgimento delle attività proposte dai professionisti. Per questo motivo è

importante che vengano dati loro strumenti conoscitivi, mediante incontri mensili

del gruppo di lavoro.

ASPETTI ECONOMICI

I finanziamenti sui quali possono contare i Cafè attivi sul territorio bolognese

sono di varia natura: nello specifico, alcuni sono finanziati dai piani di zona (in

un unico caso le spese relative al Cafè rientrano nel bilancio comunale) oppure

possono essere finanziati da privati, associazioni o cooperative.

La collaborazione relativa alla realizzazione dei Cafè si traduce nella maggior

parte dei casi nella compartecipazione economica per il sostegno del progetto. Le

risorse messe a disposizione dai collaboratori delle singole iniziative riguardano

spese specifiche da affrontare nelle sedi del progetto o “risorse umane” e

“logistiche” utili agli obiettivi del progetto.

La presenza di professionisti garantisce lo sviluppo di un intervento psicosociale

con obiettivi precisi, modalità programmate e spazi adeguati a chi partecipa. Il

sostegno e il confronto con i caregivers, l’impiego di metodologie di stimolazione

per le capacità cognitive e relazionali, la messa a punto di un contesto che faciliti

la libera espressione personale, sono solo alcuni esempi di ciò che viene

predisposto attraverso tutte le risorse a disposizione.

37

Le spese da sostenere nei Cafè sono finalizzate a garantire innanzi tutto la

predisposizione dello spazio e a permettere la fruizione di esso in modo facilitato

per tutte le famiglie che desiderino affacciarsi ad esso.

Le spese sono quindi in relazione ai costi dello spazio, al numero di partecipanti

medio per incontro, al numero di giorni di apertura annuale del Cafè, al tempo di

apertura del cafè, al tempo di permanenza dei professionisti.

Il costo dei Cafè nei differenti territori varia dunque in relazione al rimborso

orario percepito dai professionisti (da 15 a 40 euro circa all’ora, rispetto al tipo di

mansione e al contratto stabilito), all’uso di materiali di consumo e

all’organizzazione del servizio di trasporto. Il rimborso di professionisti può

incidere dal 40% al 90% a seconda del numero di figure professionali presenti e

della frequenza della loro partecipazione, tuttavia può ritenersi una spesa molto

ridotta nel caso di impiego di figure già retribuite da Enti o Istituzioni o di figure

volontarie. Laddove la sede è messa a disposizione gratuitamente, o le

consumazioni sono offerte, la spesa viene ridotta di circa il 10%. La spesa dei

trasporti può incidere anch’essa per il 10% della spesa globale.

Il coordinamento può essere svolto a pagamento da una figura dedicata (circa 7%

della spesa) o a carico di un organismo promotore del progetto, o non essere

necessario perché l’organizzazione prevede una diversa distribuzione di ruoli e

responsabilità nello svolgimento delle azioni del progetto.

L’apertura del Cafè può rendere necessarie alcune spese, quali: spese telefoniche,

l’acquisto di alcuni materiali utili per numerose attività, la produzione e stampa

Aspetti economici – principali voci di spesa

_ Rimborso professionisti

o psicologi

o educatori/animatori

o oss

o altri professionisti

o coordinatore

_ materiali per attività pratiche (cancelleria, oggetti di vario genere)

_ consumazioni di cibi e bevande

_ spese di trasporto dei partecipanti

_ spese relative alla sede (utenze, ecc)

_ rimborso spese dei volontari

_ materiali pubblicitari, divulgazione, organizzazione di eventi, pubblicazioni

38

di materiali divulgativi, l’allestimento dello spazio, il coordinamento dell’avvio

dell’iniziativa, l’eventuale formazione di personale o volontari.

Inoltre in alcuni contesti possono essere necessarie altre spese aggiuntive: spese

assicurative, rimborso per pulizie del locale, rimborso trasporto dei partecipanti...

Per tutti questi motivi, le spese variano nei contesti esaminati, aggirandosi su

cifre dai 3’200 euro ai 16’000 euro circa, in contesti con differenze in

partecipazione, numero di giornate di apertura, numero di ore svolte da

professionisti. Ogni contesto esaminato può tuttavia contare sul sostegno da

parte di organizzazioni pubbliche e private, soprattutto nella fase di avvio dei

singoli progetti.

Nel proseguimento dell’iniziativa sarà cura di tutti i collaboratori la

compartecipazione economica ed il reperimento di materiali utili allo svolgimento

del progetto; spesso i volontari delle associazioni sono attivi per servizi vari di

promozione e sostegno del Cafè e sono indispensabile affiancamento dell’operato

dei professionisti. Un coinvolgimento attivo delle Istituzioni può garantire la

presenza di professionisti, a carico dell’Istituzione stessa.

I costi dei Cafè possono dunque essere condivisi e sostenuti in vari modi, per

garantire quella continuità necessaria affinchè questi spazi di inclusione sociale

siano riconosciuti ed utilizzati pienamente.

La specificità che diversifica i cafè rispetto ai tradizionali centri sociali, può essere

rilevata nella valutazione di tali esperienze e mette in luce la complessità della

realizzazione di un intervento di qualità. Questo motiva la messa in campo di

numerose risorse e l’attivazione sociale di persone e organizzazioni.

La rete sociale a supporto dei cafè può considerarsi solida nella misura in cui

attiva organismi sociali, individui e i partecipanti stessi dell’iniziativa, per la

“messa a sistema” dell’intervento, come spazio a libero accesso e a bassa soglia.

Aspetti economici – Schema riassuntivo

_ finanziamenti di varia natura

o piani di zona

o bilancio comunale

o supporto economico di privati, associazioni o cooperative.

_ In numerosi casi la sede è messa a disposizione gratuitamente.

_ Fondo regionale non autosufficienza (Frna) Regione Emilia-Romagna

MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA 39

Nel momento in cui si propone un intervento, soprattutto se si lavora con persone

in condizione di fragilità, è importante valutare che esso sia efficace e che abbia

come obiettivo principale la promozione del benessere. Per fare ciò è essenziale

monitorare costantemente le attività svolte al fine di metterne in luce le eventuali

problematiche e tentare di migliorarle.

Per monitorare l’attività svolta abbiamo a disposizione una serie di strumenti, più

o meno specifici:

- al termine di ogni incontro è opportuno assicurare agli operatori un

momento di scambio e di riflessione per valutare l’andamento della giornata

con particolare riferimento alle eventuali problematiche emerse e/o a

particolari modalità d’interazione rivelatisi efficaci;

- a cadenza mensile è utile programmare un incontro tra le figure

professionali coinvolte, sopra descritte, e i volontari per confrontarsi

sull’andamento del mese appena concluso e, dall’altra parte, organizzare

dal punto di vista gestionale il mese successivo;

- Da alcune esperienze sul territorio è risultata efficace la pianificazione, ogni

tre mesi, di focus-group con i familiari, condotti dallo psicologo, per

raccogliere feedback sull’esperienza;

- somministrazione di test psicometrici ai familiari ed, eventualmente, agli

anziani. Pur tenendo presente che la somministrazione di test all’anziano,

in questo contesto, può evidenziare alcune criticità (es: il setting, spesso,

non adeguato perché troppo rumoroso e ricco di stimoli distraenti;

impossibilità di valutare l’anziano a causa della gravità del deterioramento

cognitivo), è necessario sottolineare che per provare l’efficacia

dell’intervento è molto importante valutarne costantemente l’andamento.

Nel box di approfondimento potrete trovare i risultati ottenuti dalla

valutazione effettuata in uno dei cafè nel quale agli anziani e ai loro

familiari è stata somministrata, a intervalli di sei mesi, una specifica

batteria di test.

- incontri tra i referenti di altri Cafè come momenti di discussione, confronto

e riflessione.

40

BOX DI APPROFONDIMENTO SULLA VALUTAZIONE

Lo studio dell’impatto dell’intervento si pone come fondamentale, in quanto ogni

intervento svolto con persone richiede una riflessione e un rigoroso impiego di

modelli basati sull’evidenza; la valutazione di persone con malattia, mette il

professionista di fronte ad una ulteriore autodisciplina di tipo etico. Se è vero che

la valutazione può connotarsi come situazione complessa e a volte difficoltosa o

emotivamente carica, è tuttavia centrale la restituzione alle persone, di modelli

chiari ed efficaci, supportati da studi che ne dimostrino la valenza e ne indichino

le potenzialità e le criticità nel contesto in cui si attuano.

La valutazione deve essere oggetto di riflessione e deve trovare il tempo e il modo

adeguato per essere implementata all’interno del Cafè.

Gli esiti devono divenire patrimonio per il miglioramento, oggetto di riflessione e

comprensione, stimolo alla flessibilità rispetto ai partecipanti, indicazioni per

l’operato. Inoltre dovranno essere resi noti a tutti i partecipanti del Cafè,

attraverso una restituzione fruibile, che consenta una condivisione e riflessione.

Valutazione: Lo STUDIO attualmente in corso, si propone di valutare gli esiti

dell’intervento psicosociale “Amarcord al Cafè” di Cesena sui partecipanti.

Sono state effettuate valutazioni di 34 partecipanti (17 malati e 17 familiari) a

distanza di 6/8 mesi dalla prima alla seconda valutazione.

Sono in corso altre valutazioni pre -post, valutazioni su un gruppo di controllo e

un follow-up a 12 mesi del gruppo sperimentale. Effettuati 2 FOCUS GROUP con

i caregivers e valutazioni con batterie di test. Lo studio è stato esteso al Cafè

Amarcord di Ronta, dopo la recente apertura.

Batteria di test psicologici:

Strumenti di valutazione Riferiti al MALATO:

• Qualità di vita: Quality of Life Alzheimer’s Disease (QOL-AD, Lonsdon

R.G.,Gibbons L.E.,McCurry S.M.& Teri L.1999);

• Depressione: Cornell Scale for Depression in Dementia (CSDD,

Alexopoulos GS et al, 1988);

• Abilità cognitive: Mini Mental State Examination (MMSE, Folstein et al,

1995);

41

• Attività usuali: ADL (Acivities of Daily Living);

• Attività strumentali: IADL (Instrumental Activities of Daily Living);

• Sintomi psicologici e comportamentali: RMBPC (Rvised Memory or Behavior

Problems Checklist, Teri et al, 1992).

Strumenti di valutazione Riferiti al CAREGIVER:

• Qualità di vita: The EuroQol Questionnaire (European Quality of Life Group;

1993);

• Carico assistenziale: Zarit Burden Interview (Zarit M. Mittelhammer J et al,

1991);

• Stato emotivo: H.A.D.S. (Hospital Anxiety and Depression Scale, Snaith e

Zigmund, 1983).

Criteri di inclusione nello studio:

- Per il malato: diagnosi di demenza;

- Per il malato e il caregiver: frequentazione all’attività da almeno sei mesi;

- Consenso informato.

I questionari sono stati compilati con etero somministrazione, da uno psicologo o

un tirocinante psicologo formato all’uso degli strumenti; i focus group sono stati

condotti da uno psicologo. Esiti dei questionari:

Test Media

PRE

D. s. Media

POST

D. s. t Df p

MMSE 15,655 7,633 15,877 7,698 -,512 8 0,622

Cornell 10,307 7,487 6,923 5,171 2,486 12 0,029*

QOL-AD

percepita

Anziano

30,076 6,676 31,230 6,233 -2,180 12 0,050*

QOL-AD

giudizio

caregiver

26,200 4,195 26,000 3,484 ,379 14 0,710

ADL 4,000 1,362 3,533 1,302 2,432 14 0,029*

IADL 2,200 1,014 2,066 1,032 1,468 14 0,164

42

In un ambito in cui “No progress is progress”, è da sottolineare l’innalzamento

della qualità della vita percepita dal malato e la riduzione dello stato depressivo,

nonostante il declino della funzionalità nelle ADL (compatibile con l’evoluzione

della malattia). Si riscontra inoltre una stabilizzazione del dato cognitivo nei 6

mesi, la riduzione della frequenza di sintomi psicologici e comportamentali, e la

riduzione del distress del caregiver.

E’ evidente il miglioramento della qualità di vita percepita dal caregiver,

accompagnata da diminuite conseguenze del carico assistenziale (burden), e

minore stato di ansia e depressione (Hads).

Tali risultati sono in linea con quanto affermato dai caregivers nei focus group, in

termini di benessere nei momenti al Café, di soddisfazione per le relazioni

instaurate (nei confronti dei presenti e nel “rinnovo” della relazione col malato), di

senso di competenza rispetto alla comprensione e adattamento alle problematiche

della malattia e del prendersi cura.

L’influenza di questo intervento di inclusione sociale su aspetti comportamentali

e psicologici, sembra inoltre porre in risalto l’aspetto relazionale, fra le

componenti che modulano il cambiamento dei sintomi psicologici e

comportamentali associati alla demenza.

RMBPC

freq.sintomi

31,533 7,670 23,533 9,984 4,702 14 0,000*

RMBPC

distress

22,466 9,387 14,066 9,910 5,767 14 0,000*

EUROQOL

v.a.s.

7,600 2,028 7,200 2,569 1,702 14 0,111

EUROQOL

items

0,745 0,243 0,863 0,175 -3,014 14 0,009*

ZARIT

burden

Inventory

31,333 11,36 25,533 10,84 3,402 14 0,004*

H.A.D.S 12,866 5,040 10,733 4,934 4,675 14 0,000*

43 L’INDAGINE attraverso i FOCUS GROUP

Il focus group è una tecnica di rilevazione basata sulla discussione tra un gruppo

di persone. La finalità principale è quella di studiare un fenomeno o di indagare

uno specifico argomento in profondità, utilizzando come base per la rilevazione

l'interazione che si realizza tra i componenti del gruppo.

_ Raccogliere percezioni e punti di vista

_ Rilevare bisogni

_ Far emergere pontenzialità e criticità del modello riscontrate dai

familiari

Gli esiti del Cafè Amarcord sono stati riportati dai familiari nelle seguenti

dimensioni:

Esplicitazione delle difficoltà di cura e del vantaggio del confronto con altri

familiari

“i problemi non li ha solo l’ammalato, ma anche noi che ci dobbiamo occupare di

loro 24 ore su 24”

“Il confrontarsi con altri familiari è un aiuto perché ci si confronta su problemi che

nell’insieme sono gli stessi”

Riduzione dell’isolamento sociale

“Cerco di passare voce sul caffè; alcune persone però si vergognano; ma qui la

vergogna non c’è più perché gli altri capiscono la situazione”

“prima andavo in un altro bar delle volte con mia moglie, poi con la malattia ho

dovuto smettere; ma questo ha qualcosa in più, e ho ricominciato il bar”

Atteggiamento positivo dei malati durante la partecipazione al Cafè e dopo il

rientro a casa

“Se non portassi più qui mia moglie credo che me lo chiederebbe –perché non mi

porti più?- Al momento è più serena e contenta”

“E’ uno che uscirebbe poco di casa, si fa molta fatica a farlo uscire, ma quando è

qui poi ci sta molto volentieri; quando torna a casa sta bene”

44

“A casa continua a parlare, di quello che ha fatto qui al bar, anche se si sbaglia su

certe cose,”

Meno disturbi comportamentali in corrispondenza delle giornate al Cafè

“ritorna a casa sorridente e ha meno da fare a girare per casa”

“vedere mio padre così attivo e stimolato anche i giorni successivi è molto bello”

Incremento di relazioni sociali, anche molto significative

“Io che non ho figli, ho trovato una famiglia venendo qui”

“vedo che mio padre, nell’accompagnare mia mamma, ha trovato degli amici per

lui”

Un luogo adatto per il malato, che può partecipare secondo le proprie

capacità e interessi

“qui si trovano bene anche perché c’è sempre qualcosa da fare invece di stare

senza far niente”

“le attività che proponete vanno bene, dopo dipende dalla caratteristica della

persona per quanto riguarda la loro reazione”

Momenti di supporto e formativi utili ai familiari

“Questo ambiente ha qualcosa in più degli altri, in particolare per la presenza del

dottore, che ci aiuta se abbiamo qualcosa da chiedere”

Luogo fruibile come occasione di sollievo per il caregiver

“Mia mamma, accompagnando mio babbo, riesce a trovare per sé un po’ di respiro,

infatti qui parla sempre con qualcuno”

“io con questi distacchi di qualche ora respiro un po’, prima dovevo fare tutte le cose

di fretta quando uscivo di casa”

Riconoscimento sociale

“ Il fatto che sono coinvolte le istituzioni fa capire che il problema viene sentito

anche a livello sociale. Da un’idea di un’iniziativa a 360° ”

45

Alcuni resoconti delle

esperienze attualmente attive

nella provincia di Bologna

46

Amarcord Al Cafè

San Pietro in Casale

Circolo Giovanni XXIII - Piazza Calori 2 – San Pietro in Casale

Venerdì 9.00-12.00

L’ Amarcord al Cafè di San Pietro in Casale nasce, come progetto sperimentale, il

15 aprile 2005 per volere del gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto ed ha coinvolto oltre

alle persone affette da demenza e ai loro familiari, anche psicologi, medici,

animatori, volontari.

Lo spirito che ha portato all’ideazione di questo progetto è stato quello di portare

al di fuori dell’ambiente familiare un

problema di per sé molto riservato e

fare uscire dalle mura domestiche,

attraverso un giusto e rispettoso

percorso, tanto chi presenta difficoltà

cognitive, quanto chi si occupa di lui.

Partners di tale iniziativa sono

l’Amministrazione comunale, la

Parrocchia, l’Azienda USL –Distretto

Pianura Est,

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