Di cafè in cafè
INTRODUZIONE 5
“Invecchiare è un
privilegio e una meta, ma è anche una sfida, che ha un impatto
su tutti gli aspetti
della società del XXI secolo”. Questa affermazione, proposta nel
2005 dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità sul tema della salute degli anziani
sottolinea l’importanza
di saper far fronte in maniera preparata e consapevole
all’invecchiamento della
popolazione. Tale ambito acquista sempre maggiore
importanza in una
società, come la nostra, che deve affrontare un cambiamento
demografico significativo
L’allungamento della
prospettiva di vita che ha caratterizzato la seconda metà del
secolo scorso ha
determinato un notevole incremento della percentuale di
popolazione anziana.
Negli ultimi trent’anni ciò si è tradotto in un sempre
maggiore interesse da
parte del mondo scientifico alle problematiche la cui
incidenza aumenta
significativamente con l'età.
All’allungamento della
vita non sempre corrisponde un effettivo miglioramento
della qualità della
stessa: con l’aumento dell’età cresce anche la percentuale di
problematiche età -
correlate e diventa sempre più presente il problema della non
autosufficienza aggravata
dalla presenza di multipatologie.
In questo contesto, la
demenza – ossia il progressivo deterioramento delle
capacità cognitive quali
linguaggio, memoria, attenzione e ragionamento,
accompagnati da
cambiamenti della personalità e dalla comparsa di alterazioni
del comportamento, del
pensiero e degli affetti – rappresenta una problematica
importante con un elevato
impatto relazionale e sociale.
Fino alla metà del secolo
scorso la demenza, era poco riconosciuta e non vi era
una chiarezza sufficiente
nella distinzione tra i processi dell'invecchiamento e
quelli connessi con il
deterioramento cognitivo; con lo sviluppo dei sistemi di
neuroimmagine, la
maggiore conoscenza sui processi neuropsicologici, la
maggiore disponibilità di
strumenti di indagine psicometrica e anatomopatologica
oltre agli studi
epidemiologici hanno permesso di affinare le possibilità
diagnostiche e la comprensione
delle caratteristiche di progressione del
deterioramento. La
definizione di specifici criteri di diagnosi e di classificazione
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ha rappresentato un
ulteriore passo avanti, permettendo la distinzione tra le varie
tipologie di demenza.
Tra queste, la malattia
di Alzheimer è quella più frequente : In Europa si stima
che la demenza di
Alzheimer (DA) rappresenti il 54% di tutte le demenze
(Vanacore et al, 2005).
Le persone che soffrono di demenza in Europa sono 7,3
milioni; in Italia nel
2009 il numero di malati di Alzheimer ha superato il milione
(fonte:
Alzheimer Europe in base ai dati EuroCode e statistiche ONU), e la
malattia, come si
evince dalle tabelle
sottostanti, ha un’ elevata prevalenza soprattutto negli over 85
e si presenta
principalmente nelle donne.
La demenza di tipo
Alzheimer si caratterizza per l’esordio insidioso e subdolo;
anche le evidenze
neuropatologiche sono spesso aspecifiche ed eterogenee nelle
loro manifestazioni.
Nella diagnosi risulta, pertanto, di notevole importanza la
valutazione clinica,
psicometrica oltre che quella strumentale.
La compromissione
cognitiva si manifesta inizialmente (fase lieve) con alterazione
mnesiche, alle quali si
accompagnano difficoltà di denominazione ed
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eventualmente alla
comparsa di uno stato ansioso-depressivo. Spesso i familiari
fanno coincidere
l’esordio della malattia con un trauma o un evento spiacevole
come un ricovero
ospedaliero: tali evenienze possono costituire eventi stressanti
che rendono esplicita una
condizione latente.
Successivamente (fase
moderata), in associazione all’aggravarsi delle difficoltà
mnestiche, si associano
deficit di attenzione, disorientamento e aprassia.
Nella fase successiva (fase
severa) della malattia i deficit cognitivi si manifestano
in maniera grave: si osservano
deficit di riconoscimento, difficoltà nell’eseguire
attività complesse e il
soggetto evidenzia una mancata consapevolezza del proprio
stato intellettivo e
della propria malattia. L’anziano non è più in grado di
provvedere a se stesso,
di provvedere ai propri bisogni primari e necessita
pertanto di cure ed
assistenza continuative.
A tali difficoltà di tipo
cognitivo si associano manifestazioni a carico delle funzioni
affettive, del pensiero,
della percezione e del comportamento che possono
rappresentare
l'espressione “personale” dell'interazione dei livelli organico,
psicologico e sociale
interessati dalla malattia (Droes, 1991; Kitwood, 1997).
Si può parlare quindi di
due aspetti della demenza tra loro legati: da una parte
l'aspetto biologico,
relativo alle modificazioni strutturali e cognitive; dall’altra
parte l'aspetto
psicologico-sociale che si manifesta nella condizione soggettiva,
legata alle risposte
adattive della persona alla sua condizione e del ruolo
dell'ambiente nella
facilitazione di questo adattamento
Il complesso processo di
adattamento prosegue durante tutta la durata della
malattia in quanto
rappresenta l'esito della disponibilità di risorse soggettive
(cognitive, affettive e
di personalità), di risorse familiari (materiali e relazionali) e
di quelle sociali ed
economiche (competenze, interventi mirati, servizi e
finanziamenti).
Se da un lato la
progressione della patologia comporta una sempre maggiore
necessità di adattamento,
dall’altra questo risulta sempre più difficoltoso e, di
conseguenza, l’anziano si
troverà ad essere sempre più dipendente dagli altri.
A partire da queste
considerazioni è possibile comprendere la natura di alcune
problematiche
psicologiche e comportamentali che accompagnano l’evolvere della
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demenza. La comparsa di
una sintomatologia ansiosa e depressiva, ad esempio, è
interpretata in
letteratura come una risposta all’invalidità e ai sentimenti di
impotenza, rabbia e
delusione che ne derivano.
La ricerca mostra inoltre
che la demenza comporta un’ intensa esperienza di
perdita, il cui nucleo
centrale è costituito dalla "perdita di controllo" (su se stessi
e sul proprio ambiente) e
dalla "perdita di sicurezza". Ciò si manifesta, ad
esempio, nel pensare e
fare spesso riferimento ai genitori o nel manifestare il
bisogno di tornare a casa
(Miesen e Jones, 2004), chiare rappresentazioni del
concetto di “base sicura”
(Teoria dell’attaccamento di Bowlby).
Allo stesso modo il
presentarsi di comportamenti ossessivo - compulsivi possono
essere interpretati come
strategie di coping orientate al controllo della situazione
(Verwoerdt,1976;1981).
Un altro tipo di difesa
che può essere messa in atto dall’anziano è quello della
rimozione. Alcuni
sentimenti ed emozioni spiacevoli sono mantenute al di fuori
della coscienza: ciò può
essere messo in atto, per esempio, impegnandosi in altre
attività, fino ad
arrivare, in alcuni casi, all’iperattività o ad attività motorie
aberranti. Il venir meno,
nelle ore notturne del meccanismo della rimozione può
altresì spiegare i casi
di irrequietezza o vera e propria agitazione notturna.
Di particolare interesse
appaiono poi le strategie regressive che si manifestano
con una chiusura in se
stessi e con il darsi facilmente per vinti. Tali
comportamenti possono
essere una strategia di risposta alle frustrazioni e al
sentimento di
inadeguatezza e vergogna che deriva dalle proprie difficoltà. Questa
strategia, tuttavia,
appare efficace soltanto parzialmente in quanto l’isolamento
porta alla solitudine.
Solitudine che, a sua volta, pregiudica la possibilità di poter
contare sul sostegno
emotivo delle persone vicine, con il risultato di peggiorare
ulteriormente lo stato
emotivo e l’equilibrio. (Droes, 1991).
Al fine di contrastare
l’isolamento, e dare risposte concrete alla riduzione
dell’autosufficienza, nelle
persone anziane si rende necessario promuovere
attivamente la
partecipazione sociale, l’accessibilità e la disponibilità di contesti a
bassa soglia.
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All’interno delle
politiche assistenziali è necessario adottare un approccio che si
fondi sulla programmazione
e non sull’emergenza, modulando servizi ed
interventi sui bisogni
della persona, considerata nel suo insieme di relazioni e
bisogni.
Anche se fino ad ora la
nostra attenzione si è focalizzata sulla persona è
importante sottolineare
l’impatto allargato di tale patologia, nella quale si ammala
l’intero nucleo familiare
e nella quale il sostegno di chi cura è importante quasi
quanto quello della
persona affetta. Il familiare dell’anziano con deterioramento
cognitivo, soprattutto se
residente a domicilio, ha un ruolo fondamentale nella
cura e si trova a dover
gestire situazioni delle quali spesso non ha sufficienti
conoscenze, sia pratiche
sia teoriche, per farvi fronte in maniera adeguata.
La famiglia dell’anziano
con demenza, e in particolar modo il coniuge, deve
affrontare un complicato
e duraturo processo di adattamento continuo alle
perdite e ai cambiamenti:
la persona cara è ancora fisicamente presente, tuttavia
giorno dopo giorno la
famiglia affronta la sua progressiva perdita in termini
emotivi.
Se già è difficile far
fronte ad una normale situazione di perdita, ci si può
immaginare quale possa
essere la condizione indotta dalla demenza, nella quale
la persona è sottoposta
ad un progressivo declino cognitivo che lo pone in
posizione di svantaggio
per quanto riguarda la capacità di far fronte alla malattia
e aiutare il coniuge. Il
fatto che vi sia questa disparità tra le abilità cognitive e
supportive dei due
partner spesso contribuisce al dramma della demenza.
Un’altra potenziale
conseguenza è che le mutate relazioni tra la persona con
demenza e il partner
determinano uno stato di isolamento emotivo, a meno che
non venga data, dalla
realtà territoriale, un’adeguata risposta alle necessità
assistenziali e
psicologiche. (Miesen, 1994)
Tutto ciò mette in
evidenza come il sostegno e la cura delle persone con demenza
e delle loro famiglie
necessitino di un approccio multimodale.
Allo stesso modo è
importante sottolineare che le persone in condizioni di
difficoltà e di bisogno,
quali possono essere l’anziano affetto da demenza e la sua
famiglia, appaiono
talmente bisognose di ricevere aiuto e supporto da divenire in
alcune circostanze
acritiche nei confronti del trattamento, delle cure e del
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sostegno che gli viene
offerto. E’ pertanto importante che il professionista sia
consapevole del proprio
ruolo e della propria “autorità” e svolga il proprio lavoro
in maniera
deontologicamente corretta proponendo terapie e trattamenti volti al
benessere dei propri
assistiti e dei quali sia stata provata la reale efficacia.
Relativamente ai servizi
e ai trattamenti disponibili, essi possono essere distinti in
tre macrocategorie:
1. i servizi
territoriali: una vasta ed eterogenea gamma di servizi, variamente
distribuiti sul
territorio, organizzati al fine di permettere all’anziano con
demenza di restare a
domicilio per il maggior tempo possibile poiché vi è la
consapevolezza che la
qualità della vita sia favorita dal restare nel proprio,
abituale ambiente;
2. i servizi
semiresidenziali: ad esempio, centri diurni o notturni e i ricoveri
di sollievo che
forniscono un maggiore sostegno alla famiglia ponendosi
come una via intermedia
tra la domiciliarità e l’istituzionalizzazione;
3. i servizi
residenziali: case di riposo, protette ed RSA (Residenze Sanitarie
Assistite) che si
caratterizzano per la totale residenzialità degli utenti e che,
a seconda della
tipologia, si differenziano per il grado di assistenza
sanitaria fornita.
Tali servizi, nel loro
complesso, dovrebbero essere in grado di fornire al malato e
alla sua famiglia una
vasta gamma di risposte capace di far fronte alle molteplici
condizioni e ai diversi
bisogni.
All’interno dell’offerta
territoriale si situano i Cafè Alzheimer che, come
descriveremo
dettagliatamente in seguito, si possono definire come degli spazi di
incontro informali ma
strutturati rivolti all’anziano e a chi si occupa di lui (siano
essi familiari o
assistenti familiari).
Questa nuova logica di
servizio permette al malato di “sentire” che esiste un
“luogo” immaginato per le
sue esigenze, nel quale assieme alla sua famiglia può
ritrovarsi fuori dalle
mura di casa portando con sé la propria malattia senza
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doverla nascondere o
sfuggire, dove affrontare con il supporto di altri un
problema di per sé
drammatico attraverso lo sviluppo di relazioni interpersonali
e la valorizzazione delle
risorse residue della persona affetta da demenza.
Nei paragrafi seguenti
analizzeremo i modelli teorici a cui fanno riferimento tali
esperienze, la posizione
della regione Emilia-Romagna nei confronti delle stesse e,
infine, saranno
presentate alcune indicazioni relative al contenuto, alla
pianificazione e alla
gestione di un Cafè.
12 L’APPROCCIO
ALLA DEMENZA
NELLA
REGIONE EMILIA-ROMAGNA
L’ Emilia-Romagna è la
seconda regione italiana (dopo la Liguria), per presenza di
popolazione anziana. Al
1° gennaio 2007 la popolazione ultrasessantacinquenne
ha raggiunto le 961.323
unità (22,8%), la popolazione ultrasettantacinquenne le
481.575 unità (11,4%) e
la popolazione ultraottantenne le 283.791 unità (6,7%).
Nei prossimi anni tali
quote sono destinate ad aumentare, sia in termini assoluti
sia in percentuale sul
totale della popolazione. Tale prospettiva ha reso necessaria
la programmazione di una
risposta assistenziale adeguata.
A tale proposito è stato
elaborato il Piano Sociale Sanitario 2008-2010 all’interno
del quale vi è una
sezione specificatamente dedicata all’area anziani, nella quale è
affrontato il tema della
costituzione e dell’utilizzo, da parte della regione Emilia-
Romagna, del Fondo
regionale per la non autosufficienza (FRNA) (DGR
1206/2007).
Tali risorse vengono
prioritariamente orientate allo sviluppo della domiciliarità e
della rete dei servizi
residenziali e semiresidenziali per la popolazione anziana,
nelle realtà territoriali
in cui l’offerta attesa non risulti ancora raggiunta.
Una parte specifica di
tale fondo è inoltre destinata al sostegno di quei servizi ed
attività innovativi,
ancora poco formalizzati o in fase sperimentale. Queste ultime
rappresentano la
frontiera avanzata delle nuove prospettive di aiuto tutelare e di
assistenza “leggera” a
favore dell’universo, così vario e in espansione, della non
autosufficienza. I futuri
scenari demografici, la previsione di molti anziani con alle
spalle un numero di
familiari ridotto o addirittura senza familiari, rendono
necessaria la
sperimentazione di nuove forme di relazione e sostegno, capaci di
arricchire e completare
ciò che i sistemi locali sono in grado di offrire
attualmente.
Nell’ambito delle
politiche sociali e sanitarie la Regione Emilia-Romagna si
propone di orientare la
programmazione dei servizi e degli interventi sul territorio
e, contemporaneamente,
promuovere una cultura diffusa, volta alla valorizzazione
del ruolo delle persone
anziane, al rafforzamento delle reti sociali e delle
13
opportunità di
aggregazione e di relazione, allo sviluppo dei rapporti
intergenerazionali,
favorendo in particolare la promozione di stili di vita sani,
solidali, ricchi di
relazione nel corso di tutta la vita
In particolare il piano
sociale e sanitario 2008-2010 si pone i seguenti obiettivi
principali:
1. sviluppare la
domiciliarità, valorizzare il lavoro di cura e sostenere la famiglia;
2. ridisegnare la rete
dei servizi per le persone non autosufficienti secondo un
sistema di cure graduali
nell’ambito del Distretto;
3. sperimentare servizi e
interventi rivolti a rispondere a nuovi bisogni;
4. sostenere nuove forme
di convivenza: “vivere insieme”
All’interno
dell’obiettivo relativo alla sperimentazione di servizi ed interventi rivolti
a rispondere a nuovi
bisogni il piano sociale e sanitario 2008-10 riporta uno
specifico riferimento
agli Alzheimer Cafè sottolineando la necessità di sviluppare
interventi a bassa soglia
e ad alta capacità di contatto, prima che il bisogno
giunga a livello di alta
complessità, facendo perno sulla valorizzazione delle
risorse individuali di
ogni anziano quale risorsa fondamentale per il
mantenimento del più alto
livello possibile di autonomia.
Tale tipologia di
interventi, che non si configurano come servizi assistenziali,
potrebbero rappresentare
un terreno di iniziativa e collaborazione con le risorse
locali ad iniziare dal
volontariato.
Le informazioni
presentate in questo capitolo si riferiscono al Piano Sociale
Sanitario 2008-2010 della
Regione Emilia-Romagna disponibile sul sito:
http://www.emiliaromagnasociale.it/wcm/emiliaromagnasociale/news/2008/ma
ggio/26_pianosocialepp.htm
14 MODELLI
TEORICI
Alla base dell’interesse
italiano per la tematica che lega Cafè e demenze vi sono
due diverse tipologie di
approccio entrambe originate nei Paesi Bassi negli anni
Novanta del secolo
scorso: Alzheimer Cafè (proposti dal dr. Bere Miesen) e
Meeting Centers (ideati
della dr.ssa R.M. Droes).
Nei paragrafi seguenti
cercheremo di illustrare brevemente i principali aspetti di
tali esperienze.
Alzheimer
Cafè
L’Alzheimer Cafè,
proposto dal dottor Bere Miesen (psicologo clinico specializzato
nell’ambito
dell’invecchiamento al centro Marienhaven di Psychogeriatric,
Warmond, in Olanda),
rientra all’interno degli interventi di tipo psicosociale.
Il primo Alzheimer Cafè
nacque a Leiden il 15 settembre 1997 all’interno della
sala conferenze
dell’università. Da allora tale esperienza si è sviluppata a macchia
d’olio: ad oggi nei paesi
Bassi ne esistono più di 60 e ne sono nati altri anche nel
Regno Unito, Italia, Grecia,
Australia, e Stati Uniti d'America.
Rivolto principalmente a
coloro che affrontano le fasi iniziali della malattia,
l’Alzheimer Cafè può
essere definito come un luogo sicuro nel quale si respira
un’atmosfera rilassata e
accogliente, nel quale i partecipanti possano esprimere
se stessi, essere
ascoltati e trovare conforto nella loro lotta contro l’isolamento e
la solitudine.
Con la creazione
dell’Alzheimer Cafè vi è un posto dove familiari e malati possono
recarsi insieme, scoprire
che non sono soli e capire come altri fanno fronte alla
malattia e alle sue
conseguenze. I visitatori provano un sentimento di
appartenenza e trovano
riconoscimento ed accettazione.
L’idea di Alzheimer Cafè
nasce per dare risposta ai bisogni dei malati e delle loro
famiglie, fornendo spazi
per la condivisione delle numerose difficoltà pratiche e
per l'espressione delle
emozioni spesso inascoltate a causa dell’isolamento
(Miesen, 2004).
Lo stesso Miesen afferma
che il cafè presenta tre obiettivi principali:
1. fornire informazioni
sugli aspetti medici e psicosociali della demenza;
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2. offrire la possibilità
di parlare apertamente dei propri problemi
(riconoscimento e
accettazione sociale);
3. promuovere la
socializzazione e prevenire l’isolamento delle persone con
demenza e delle loro
famiglie.
Gli incontri presentano
una duplice natura: quella terapeutica, che dà ampio
spazio anche
all’informazione, e quella della socializzazione, alla quale è riservata
una notevole
considerazione.
È di primaria importanza
che i visitatori possano parlare tra di loro in maniera
informale e senza
interruzione, scambiandosi esperienze, o consultando sempre
in maniera informale
operatori e specialisti. È proprio questa atmosfera tranquilla
e accogliente, associata
al fatto che tali incontri si svolgono in un ambiente a
bassa soglia di accesso,
in altri termini “normalizzato”, che contribuisce a
soddisfare i bisogni di
appartenenza, accettazione, e riconoscimento menzionati
in precedenza.
Gli incontri al Cafè si
svolgono a cadenza mensile ed hanno una durata di circa
tre ore. Alcuni Cafè
svolgono gli incontri durante la giornata e altri, invece, nel
dopo cena, al fine di
favorire la partecipazione anche dei familiari che lavorano.
La scelta della sede e
degli orari influirà sull’utenza; pertanto è importante
operare tale scelta in
maniera consapevole e ragionata.
La tematica che viene
trattata durante l’incontro varia di volta in volta ma la
struttura degli incontri
rimane fissa. L’andamento dell’incontro può essere
approssimativamente
suddiviso in 5 parti:
· arrivo e
introduzione: Meisen afferma che per questa prima fase è
necessaria circa mezz’ora
dato che, come avviene in un normale cafè, i
visitatori arrivano a
poco a poco e deve essere lasciato loro il tempo di
accomodarsi e bere
qualcosa. Spesso questo momento iniziale è utilizzato
soprattutto da coloro che
frequentano il Cafè da più tempo per incontrarsi
gli uni con gli altri e
prendere accordi. In questa fase iniziale, compito degli
organizzatori è
accogliere i nuovi arrivati e metterli a proprio agio: se
necessario, possono anche
accompagnarli a un tavolo nel quale siano già
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presenti ospiti che
frequentano da tempo il Cafè e professionisti. Lo scopo è
favorire la
socializzazione ed evitare che restino isolati;
· presentazione di un
video o di una conferenza sotto forma di
intervista: anche
per questa parte dell’incontro è prevista circa mezz’ora.
Sulla modalità di
svolgimento esistono varie possibilità. Una prima
possibilità è quella di
invitare un esperto che fornisca informazioni relative
al tema della serata
sotto forma di monologo o, in alternativa, in forma di
intervista. La scelta
dell’esperto deve tenere conto del fatto che una buona
presentazione incoraggia
la gente a porre domande. Una seconda possibilità
è costituita dalla
presentazione di un video: nei Cafè olandesi, ad esempio,
sono stati utilizzati a
questo scopo alcuni episodi della serie televisiva
“Vivere con la demenza”.
In alternativa è possibile effettuare una
registrazione di un
colloquio con una persona con demenza e i suoi
caregivers nel suo
ambiente familiare e mostrarla durante la riunione. Sia
che si tratti di una
conferenza, di un video o di un’intervista, è importante
che il pubblico possa
riconoscersi nel materiale che viene presentato,
poiché ciò contribuisce a
rendere più efficace l’acquisizione di informazioni;
· intervallo con
musica e bevande: lungi dall’essere un momento di pausa,
come suggerirebbe il
nome, questo momento viene utilizzato dagli
organizzatori per
rispondere alle domande che gli ospiti preferiscono non
fare in pubblico. Possono
inoltre unirsi ai tavoli nei quali le persone stanno
discutendo sia che si
tratti o meno dell’argomento della serata e raccogliere
domande e spunti di
riflessione da portare in primo piano dopo l'intervallo.
È importante porre
particolare attenzione alle domande che vanno al di là
dell’esperienza del
singolo e che possono invece risultare interessanti per
tante altre persone. In
questi casi, invece di rispondere alla domanda
immediatamente, la
persona che chiede potrebbe essere incoraggiata a
sollevare la questione
durante la successiva discussione. Nel momento di
intervallo le persone
possono anche visitare lo stand informativo che è
sempre allestito
all’interno del Cafè;
17 · il
dibattito: al termine dell’intervallo si apre la discussione. Affinché
proceda in maniera
ordinata e comprensibile può essere utile concordare
alcune regole con il
pubblico. Il conduttore deve mantenere il filo della
discussione ripartendo
adeguatamente il limitato periodo di tempo tra tutti
coloro che vogliono dare
il proprio contributo. Qualora qualcuno degli ospiti
tenda a dominare la
situazione con le proprie domande o opinioni sarà
opportuno fargli presente
in modo educato che anche altri devono potersi
esprimere in merito ai
temi presenti nel dibattito. Talvolta è opportuno che
siano gli altri
visitatori a sottolinearlo;
· conclusione e
socializzazione informale: al termine del dibattito inizia la
fase conclusiva
dell’incontro nella quale si lascia spazio all’atmosfera
informale del Cafè.
Alcuni ospiti andranno via quasi subito; altri, invece,
approfitteranno di questo
momento per parlare con altri familiari,
ascoltando le loro
storie, o con gli specialisti, bevendo un drink. In alcuni
Alzheimer Cafè al termine
dell’incontro si balla e si canta mentre in altri i
visitatori possono
annotare le proprie impressioni sull’incontro su una
sorta di “diario di
bordo”. Ciò può essere utile per valutare l’andamento del
Cafè. Gli organizzatori
possono anche utilizzare questo momento informale
per discutere con i
visitatori relativamente ad eventuali argomenti di futuri
incontri.
Tutte le informazioni
contenute all’interno di questa sessione sono state tratte dal
testo intitolato “The
Alzheimer Cafè concept” scritto dallo stesso Miesen in
collaborazione Gemma M.M.
Jones e ritrovabile all’interno del libro “Caregiving in
Dementia”.
18 Meeting
Centers
I Meeting Centers hanno
origine ad Amsterdam nel 1993 ad opera di Rose Mary
Droes (docente presso il
Dipartimento di Psichiatria di Vrije, Università di
Amsterdam). L’iniziativa,
grazie alle numerose ricerche che ne dimostrano
l’efficacia, si è
notevolmente sviluppata e, ad oggi, soltanto nei Paesi Bassi, ne
risultano attivi 46.
Il Meeting Center si
configura come una tipologia di approccio integrato volto a
fornire, mediante
l’attività di specifici professionisti, supporto e sostegno sia alla
persona con demenza sia
ai suoi familiari e accompagnatori per aiutarli a far
fronte alla malattia.
Lo staff è ristretto e
composto da due/tre professionisti ogni 15 anziani e
rispettivi familiari.
L’attività del Meeting Center è specificatamente rivolta ad
anziani con diagnosi di
demenza di grado lieve/moderato.
Tale tipologia di
approccio integrato prevede tre incontri settimanali che si
svolgono all’interno del
centro socio-culturale del quartiere (da cui deriva il nome
Meeting Center), durante
i quali vengono proposte attività specifiche rivolte
all’anziano, al familiare
ed attività da svolgere insieme (ad esempio momenti di
festa o uscite). Tra le
attività rivolte agli anziani ci sono attività sociali e ricreative,
reminiscenza,
stimolazione cognitiva, musicoterapia e attività psicomotoria. Per i
familiari sono invece
organizzati gruppi di supporto, conferenze informative
presiedute da esperti e
momenti di consultazione individuale necessari per
comprendere al meglio i
bisogni specifici della persona.
Il Meeting Center si
configura altresì come un luogo aperto verso l’esterno (in
alcune occasioni può
accogliere anche bambini e studenti).
Dopo la fase di sviluppo
del Meeting Center, tra il 1994 e il 1996, è stato condotto
uno studio controllato
che ha dimostrato che il programma determina maggiori
benefici sia per le
persone con demenza sia per i familiari rispetto ai normali
programmi di assistenza
non integrati, come, ad esempio, l’assistenza
psicogeriatrica
giornaliera.
Nello specifico si è
osservato che il Mcsp (Meeting Center support program) ha
maggiori effetti positivi
rispetto alle altre tipologie di supporto nella riduzione del
burden assistenziale, nel
contrastare gli effetti negativi del distress e nel
19
promuovere il senso di
competenza del carer (Droes et al, 2004,). La maggior
parte dei familiari che
partecipano al Meeting Center percepisce un maggior
sostegno professionale ed
un ampliamento della rete sociale alla quale rivolgersi
(Droes et all, 2006). Da
sottolineare la riduzione e/o il ritardo
dell’istituzionalizzazione
degli anziani che partecipano al programma (Droes et al,
2004;2006).
Altre ricerche sono
focalizzate sui fattori che possono svolgere un ruolo facilitante
nelle varie fasi di
implementazione dei Meeting Centers: nello specifico, risultano
di particolare importanza
la presenza di uno staff motivato, un’attività
professionale continua e
varia, la disponibilità di risorse finanziarie e la
cooperazione con gli
altri servizi e organizzazioni attivi sul territorio (Meiland et al,
2005). E’ inoltre stato
dimostrato che un approfondito studio preliminare e un
tipo di supporto che sia
in linea con le caratteristiche delle persone coinvolte è
indispensabile per la
buona riuscita del progetto (Oste et al, 2005; Smith et al,
2007).
20 INDICAZIONI
PER LA
CREAZIONE
DI UN
CAFE’ IN EMILIA ROMAGNA
Le due tipologie di
approccio sopra descritte possono essere considerate come i
due poli di un continuum
il cui scopo principale, come già osservato, è quello di
sostenere il processo di
accettazione e di adattamento alla malattia, oltre che
favorire e mantenere
l'inclusione e la partecipazione sociale delle persone malate
e dei loro familiari.
L’aspetto innovativo di tali esperienze è rappresentato dalla
bassa soglia di accesso
che consente alle persone di partecipare liberamente
senza, per questo, essere
identificati come fruitori di un servizio.
La progressiva diffusione
di questi modelli in Italia, in contesti culturalmente
diversi da quelle in cui
hanno avuto origine, ha determinato adattamenti e
modifiche, come
l'istituzione di prassi particolari alcune volte ben diverse da
quelle dei modelli di
partenza.
Sulla base di questa
consapevolezza abbiamo pensato che la pubblicazione di
indicazioni sul
contenuto, sulla pianificazione e sulla gestione di un Cafè
Alzheimer potesse essere
utile a tutti coloro che intendono avvicinarsi a questa
tipologia di intervento.
La stesura di questo
documento è stata possibile a partire da due incontri a
livello provinciale,
organizzati dal Centro Studi RiattivaMente, ai quali hanno
partecipato i referenti
dei Cafè attualmente attivi sul territorio della provincia di
Bologna: Crevalcore, San
Pietro in Casale, Castello D’Argile, Anzola dell’Emilia,
San Biagio di
Casalecchio, Castel Maggiore, Bologna (quartiere San Vitale),
Rastignano e Imola.
Successivamente a questi incontri sono stati aperti tre
ulteriori Cafè: a Castel
San Pietro Terme, a San Lazzaro di Savena e a
Bentivoglio.
Di seguito verranno
riportati le conclusioni degli incontri che hanno permesso di
mettere in evidenza i
punti salienti che sono stati utili nella pianificazione e nella
conduzione
dell'esperienza dei Cafè. Vengono riportati anche gli aspetti di
21
criticità riscontrati
nelle diverse realtà. Queste informazioni possono
rappresentare, a nostro
parere, un utile strumento per lo sviluppo di nuove
esperienze in questo
contesto.
Salvador
Dalì – La Rosa Meditativa
22 PIANIFICAZIONE
E OBIETTIVI
La fase iniziale di
progettazione e pianificazione del Cafè è di vitale importanza
per la buona riuscita del
progetto dato che soltanto un’iniziativa che poggi su
solide fondamenta può
svilupparsi e permanere nel tempo. Come già ampiamente
sottolineato, l’obiettivo
attorno al quale si sviluppa il Cafè è quello di creare spazi
d’incontro informali ma
strutturati per i malati affetti da demenza e per i loro
familiari, molto spesso
isolati e con un carico assistenziale ed emotivo che non
consente loro una vita di
relazione accettabile. Per fare ciò è di primaria
importanza accrescere,
nella collettività, la consapevolezza di alcuni aspetti che
riguardano questa
patologia al fine di sensibilizzarla.
Soggetti
promotori
L'apertura del Cafè può
essere promossa da varie tipologie di enti, servizi o
organizzazioni. Nelle
realtà in cui ad oggi è attivo un Cafè, l’iniziativa è stata
promossa da un ente o una
struttura che fornisce servizi nell'ambito della
demenza, da associazioni
di familiari o da enti locali che gestivano servizi.
Tutte le realtà si sono attivate
per fornire una risposta ulteriore ai bisogni e in
seguito alla diffusione
della conoscenza.
Non è
necessario che il soggetto promotore sia identificato
in una
tipologia specifica di ente o di organizzazione.
Promozione
e fruibilità
Il Cafè si caratterizza
come un ambiente aperto ed accessibile. Risulta, quindi,
molto importante curare
la fase di informazione e promozione dell’iniziativa al fine
di renderla fruibile a
tutti coloro che, “per motivi professionali o personali” si
trovino ad affrontare tale
patologia.
Informazione
e promozione:
condizioni
di base
per un
Cafè aperto e fruibile
Partecipazione
e coinvolgimento delle risorse 23
Di seguito proponiamo una
lista dei contatti che potrebbe essere importante
informare dell’apertura
del Cafè: famiglie, gruppi di auto-mutuo-aiuto,
associazioni di
familiari, associazioni di volontari, cooperative sociali, parrocchie,
centri sociali,
istituzioni, servizi sociali, servizi assistenziali e sanitari, centri
esperti per i disturbi
cognitivi, medici di medicina generale. Ci sembra importante
portare a conoscenza del
maggiore numero di attori possibili l'informazione
inerente lo sviluppo
dell'esperienza in quanto contribuisce alla condivisione
dell'esperienza stessa e
favorisce il riconoscimento della sua utilità da parte delle
persone con demenza e dei
loro familiari.
Si potrebbe quindi
raccomandare che già dalla fase di ideazione dell'esperienza siano
coinvolti tutti gli
attori interessati sul territorio in modo da facilitarne il riconoscimento e
la condivisone. Inoltre
potrebbe essere utile pensare a tali iniziative come un punto di
evoluzione di altre, e
quindi adottare un percorso costruttivo che ne faciliti la
partecipazione.
La
partecipazione di tutti gli attori è importante a partire
dalla
fase di pianificazione dell'esperienza.
Nella fase di
progettazione del Cafè potrebbe essere utile frequentare e prendere
visione di altri Cafè
attivi sul territorio e poter contare sull’appoggio di coloro che
già da qualche tempo
stanno portando avanti tale esperienza, in modo da poter
trarre spunti e ottenere
consigli.
Le
esperienze già attive possono essere una grande risorsa.
Il
ruolo del cafè all'interno della rete territoriale
Il Cafè rappresenta un
ulteriore tassello del mosaico costituito dalle proposte che
la rete territoriale
offre alle persone con demenza e alle loro famiglie. Si identifica
come un luogo d’incontro
dove condividere e affrontare, con cadenza settimanale,
diverse tematiche
relative alla malattia.
Affinché tale iniziativa
funzioni nel migliore dei modi è opportuno che il Cafè
stabilisca una
collaborazione attiva e continuativa con la rete dei servizi a
24
disposizione dei malati e
dei loro familiari. Precedenti esperienze hanno
evidenziato che la
partecipazione al Cafè favorisce la conoscenza e il corretto
utilizzo della rete dei
servizi disponibili nel territorio rivolti alla popolazione
anziana. Quando
necessario, il Cafè può anche svolgere il ruolo di tramite tra
popolazione e servizi,
segnalando ai servizi sociali la necessità di presa in carico
di famiglie giunte al
cafè in modo autonomo.
Molti Cafè attivi nel
territorio bolognese non hanno potuto contare su un
supporto istituzionale
nella fase di progettazione iniziale dell’esperienza. Sarebbe
invece auspicabile
potersi avvalere sin dall’inizio della collaborazione e del
sostegno delle
istituzioni e delle associazioni di familiari e volontari attive nel
territorio. Cìò è
importante non soltanto per il sostegno che l’istituzione è in grado
di fornire, ma,
soprattutto, per ottenere il riconoscimento del Cafè all’interno della
rete dei servizi volti a
sostenere l’anziano con demenza e chi si prende cura di lui.
Supporto
e riconoscimento istituzionale sono
fondamentali
per la buona riuscita del Cafè!
DIVULGAZIONE
E PROMOZIONE DEL PROGETTO 25
Dal tavolo di
pianificazione occorre sviluppare un’azione di divulgazione che può
essere fatta nella fase
iniziale di presentazione del Cafè con l' organizzazione di
una conferenza o un
incontro pubblico al quale invitare sia la popolazione sia i
rappresentanti delle
istituzioni. Risulta opportuno mantenere l'attenzione accesa
sul Cafè attraverso
azioni di promozione e di richiamo.
Un’ altra modalità
efficace è quella dell'azione di informazione veicolata oltre che
dai servizi anche dagli
stessi utenti, da altre associazioni e dalle realtà territoriali
che vengono a conoscenza
dell'esperienza. Anche i mezzi di informazioni a
diffusione locale e
ristretta possono essere utili.
La
divulgazione dell'informazione e un richiamo
periodico
servono a mantenere efficace
il rapporto
con la rete e con i cittadini interessati,
la rete
di supporto e di sostegno del Cafè.
26 IL
SETTING
La cura del setting è di
fondamentale importanza per rendere il Cafè un luogo
fruibile alla maggior
parte della popolazione anziana del territorio e per far si che,
pur non identificandosi
in un servizio, possa essere strutturato nella maniera più
idonea.
La
sede: l’importanza del contesto
Quanto all’ubicazione del
Cafè, esistono varie opzioni: alcuni di quelli attualmente
esistenti si trovano
all’interno di un centro sociale, altri nelle adiacenze o
addirittura all’interno
di una casa protetta o di un centro diurno.
La scelta della sede è
molto importante in quanto le sue caratteristiche
influiscono sulla
tipologia di anziani che frequenteranno il Cafè. Se la struttura si
trova in un ambito
sociale saranno maggiori le possibilità di coinvolgimento
anche di anziani senza
patologie di tipo cognitivo, ma semplicemente fragili o soli.
La scelta di inserire il
Cafè all’interno di un ambito sociale appare la migliore;
tuttavia, se ciò non
fosse possibile, alcune accortezze possono facilitarne
l’apertura verso
l’esterno in modo da renderlo maggiormente fruibile. Sarebbe per
esempio importante
scegliere un luogo con un accesso diretto dall’esterno,
evitando, in questo modo,
il passaggio delle persone all’interno della casa protetta
o del centro diurno.
Una insegna visibile e
accattivante, così come la trasformazione dell’ambiente,
potrebbe contribuire a
rendere il Cafè quanto più simile possibile ad un vero e
proprio bar e a non farlo
percepire come un servizio. Alcuni accorgimenti utili
possono essere: l’uso di
paraventi che nascondano l’accesso verso la casa protetta
e rendano più gradevole
l’ambiente, oppure chiedere al personale in divisa
infermieristica di non
accedere all’area dedicata al Cafè.
La scelta
di una sede inserita in un contesto sociale “normale”
(non di
tipo assistenziale) appare come la più idonea.
Laddove
ciò non sia possibile, si potrà compensare
favorendo
il più possibile le occasioni di apertura
e le
frequentazioni esterne.
27
La
scelta dell'orario
Allo stesso modo bisogna
porre particolare attenzione alla scelta degli orari, che
devono adattarsi alla
tipologia degli ospiti presenti (anziani e familiari): incontri a
metà mattina o metà pomeriggio
favoriranno la presenza dell’anziano e del suo
caregiver – se non lavora
– ma impediranno l’accesso a figli o familiari che
lavorano e che, invece,
sarebbero facilitati da incontri nel tardo pomeriggio.
La scelta
degli orari di apertura è in relazione
alle
risorse e influenzerà la tipologia
delle
persone che parteciperanno.
Accesso
L’idea del Cafè è quella
di offrire un’opportunità e non un servizio; uno spazio di
transizione nel quale gli
anziani possano accedere direttamente sia dalla propria
abitazione sia dai centri
diurni della zona. L’accesso al Cafè è libero e gratuito:
tutti gli anziani e i
loro familiari che decidono di iniziare a frequentare il Cafè
possono accedervi
direttamente senza fare specifiche richieste. E’ importante che
la sede scelta sia
caratterizzata da una bassa soglia di accesso e abbia le
caratteristiche per
ospitare un numero di utenti che non viene programmato a
priori. Anziani e
familiari potranno accedere al Cafè su segnalazione degli altri
servizi collaterali (ad
esempio Asl, Saa, centri esperti, medici di Medicina
TIPOLOGIA
DELLA SEDE
_ luogo interno ad un
contesto protetto (Casa di Riposo, o Centro Diurno)
può facilitare
l’identificazione con il contesto di accoglienza. Tuttavia
l’apertura a partecipanti
esterni alla struttura potrebbe essere più
difficoltosa e può
richiedere alcune accortezze e modifiche ambientale;
_ luogo situato nel
Contesto di un bar o di un Centro Sociale fruibile da
parte di differenti
partecipanti ed è facilitata l’apertura alla cittadinanza;
_ luogo che non
presenta alcune caratteristiche tipiche del Caffè
necessita di essere
adattato per risultare simile ad un bar e ricostruirne il
clima di accoglienza.
28
Generale…) oppure
attraverso l’opera di divulgazione di coloro che già
frequentano il Cafè e ne
riconoscono l’efficacia.
Il numero di anziani e
familiari che frequentano il Cafè è flessibile e non
necessariamente
continuativa in quanto l’accesso è libero e le persone possono
decidere di andare e
venire come preferiscono senza essere vincolate alla
partecipazione.
Accesso
aperto, gratuito e senza selezione.
Il
trasporto
Coerentemente con lo
scopo del Cafè di fornire supporto integrato sia all’anziano
sia al suo carer è
auspicabile che sia il familiare stesso ad accompagnare
l’anziano al Cafè. Tuttavia
la collaborazione del servizio di trasporto è molto
importante perché
permette l’accesso al Cafè anche agli anziani che non sono in
grado di raggiungere la
sede con un mezzo proprio.
Attivare
la rete per garantire il trasporto
delle
persone con difficoltà negli spostamenti
in modo
da favorire la partecipazione.
CRITICITA’
RILEVATE
_ Sede: l’utilizzo
di spazi non sufficientemente ampi ha comportato, in alcune
esperienze, la necessità
di limitare il numero degli accessi venendo meno, in
tal modo, all’idea di
luogo aperto, libero e fruibile. Tali considerazioni vanno
pertanto tenute in conto
al momento della scelta della sede.
_ Trasporto : nella
quasi totalità delle esperienze si sono evidenziate difficoltà di
trasporto. Qualora
l’anziano non possa raggiungere autonomamente il Cafè è,
infatti, necessario
ricorrere alla collaborazione dei volontari o di altri familiari e
all’utilizzo di un mezzo
idoneo (per esempio del Comune o di un’Associazione).
Tale eventualità deve,
pertanto, essere tenuta presente sin dalla fase di
progettazione. La scelta
del giorno e degli orari di apertura e chiusura, devono
coincidere con la
disponibilità del mezzo.
DESTINATARI
29
I principali attori del
Cafè sono gli anziani con deterioramento cognitivo e i loro
familiari: a queste due
figure si affianca quella dell’assistente familiare. Essendo,
il Cafè, un luogo aperto
non bisogna tuttavia trascurare un quarto attore
necessariamente
coinvolto: la comunità e il territorio.
Anziani
con deterioramento cognitivo
Il Cafè, come già più volte
sottolineato, si identifica come luogo dedicato
principalmente
all’anziano con demenza. In particolare è costruito da un lato per
rispondere ai suoi
bisogni di inclusione e socializzazione e dall’altro per dargli la
possibilità di svolgere
attività mirate alla stimolazione delle capacità residue.
Un
ambiente costruito attorno all’anziano con demenza.
Familiari
Il familiare dell’anziano
con deterioramento cognitivo, soprattutto se residente a
domicilio, ha un ruolo
fondamentale nella cura, e si trova a dover gestire
situazioni delle quali
spesso non ha sufficienti conoscenze sia pratiche sia
teoriche per farvi fronte
in maniera adeguata. È pertanto necessario includere
questa importante figura
all’interno del Cafè, garantendogli interventi specifici,
costruiti a partire dai
bisogni da loro stessi evidenziati (es. informazione,
sostegno...).
Accesso
libero dei familiari senza limitazioni e condizioni.
Assistenti
familiari
Il ruolo sempre più
significativo svolto dalle assistenti familiari nel lavoro di cura
a domicilio rende
necessaria la loro inclusione all’interno del Cafè e la
programmazione di
interventi specifici rivolti a tali figure.
Informare
e coinvolgere gli assistenti familiari.
30 La
comunità
Le esperienze
sottolineano la necessità di rendere il Cafè un luogo aperto a
qualunque anziano in
condizione di fragilità o che, semplicemente, manifesti il
desiderio di
parteciparvi. Da un lato l’anziano “sano”, soprattutto se solo, trae
giovamento dal
frequentare il Cafè sia sotto l’aspetto della socializzazione sia dal
beneficio che ottiene
dalle attività di stimolazione; dall’altro, la sua presenza può
rappresentare una risorsa
per il Cafè stesso in virtù dell’aiuto che può offrire agli
altri.
Apertura
a tutti gli anziani senza selezione per patologia.
In occasioni specifiche
le attività del Cafè coinvolgono direttamente la comunità
attraverso la
partecipazione di scuole, asili, parrocchia, centri diurni...come si
spiegherà in maniera più
estesa nella parte relativa alle attività.
Il cafè
come luogo aperto verso l'esterno.
31
CRITICITA’
RILEVATE
_ Gestione del calo
dei partecipanti: alcuni cafè hanno evidenziato che se il
gruppo di anziani è
chiuso e non si rilevano nuovi accessi, esso tende a ridursi
a causa delle
problematiche legate alla malattia che compromettono la
partecipazione al Cafè.
Per questo motivo è importante, come già più volte
sottolineato, mantenere
un buon rapporto con centri esperti, medici di
Medicina Generale e
servizi sociali per facilitare l’introduzione di nuovi
membri;
_ Difficoltà di
coinvolgimento dei familiari: in alcuni casi si è verificata una
progressiva diminuzione
dell’affluenza dei familiari al Cafè. Ciò, da un lato,
sottolinea la fiducia che
il familiare ripone nel Cafè ma, dall’altro, evidenzia la
necessità di elaborare azioni
che possano rispondere ai bisogni del familiare;
_ Difficoltà di
coinvolgimento degli assistenti familiari: in alcuni casi il
coinvolgimento degli
assistenti familiari è apparso difficoltoso, tendevano
infatti da un lato a
sostituirsi all’anziano durante le attività oppure a restare in
disparte. Queste nuove
figure che si prendono cura dell’anziano svolgono un
ruolo di sempre maggiore
importanza pertanto è indispensabile coinvolgerle
direttamente ed,
eventualmente, programmare attività a loro specificatamente
dedicate. Non va
sottovalutato da un lato il loro livello di conoscenza in merito
alla malattia e
dall'altro i loro specifici bisogni non correlati unicamente con le
condizioni della persona
assistita.
_ Difficoltà di
coinvolgimento della comunità e degli altri servizi presenti
sul
territorio : alcuni Cafè manifestano una difficoltà nella collaborazione con
gli altri servizi
territoriali come assistenti sociali o medici di medicina generale;
come specificato nella
sezione relativa ai contatti è opportuno, per favorire il
coinvolgimento e la
collaborazione di tutti, rendere tali soggetti partecipi della
nascita della nuova
iniziativa sin dalle fasi della sua progettazione affinché
ognuno di loro possa
scegliere la tipologia di contributo da offrire. Inoltre è
utile una ricorrente
azione di informazione a questo livello al fine di permettere
il “ricordo”
dell’esperienza.
32 MODALITA'
DI SVOLGIMENTO
Dalla
socializzazione spontanea alla pianificazione dell'attività e
ricerca
del fare.
Uno degli obiettivi
fondamentali del Cafè è favorire la socializzazione: tale finalità
è raggiunta attraverso
momenti conviviali, come ad esempio la merenda1, ai quali
partecipano insieme i
quattro attori precedentemente descritti. A questi momenti
è riservato uno spazio
specifico che generalmente precede o segue le altre attività
che vengono svolte al
Cafè. Tali attività possono essere di varia tipologia ed essere
differenziate sulla base
dei destinatari (tipologia, numero, problematiche...) e del
grado di strutturazione.
Stare
insieme e fare insieme un binomio da preservare.
1 nel
rispetto delle specifiche raccomandazioni igienico-sanitarie
Attività
con l'anziano con demenza
L’intervento indirizzato
all’anziano con demenza si prefigge come obiettivo
generale la stimolazione e
il mantenimento delle capacità cognitive e motorie,
nonché il favorire le
abilità comunicative e relazionali. Tale obiettivo può essere
raggiunto mediante lo
svolgimento di attività specifiche, quali la stimolazione
cognitiva e sensoriale,
la reminiscenza, oppure attraverso un’attività di tipo
aspecifico.
I Cafè attivi sul
territorio bolognese si riuniscono per lo svolgimento delle attività
con l’anziano a cadenza
settimanale o quindicinale.
La tipologia di attività
viene programmata generalmente a cadenza mensile o
bimestrale tenendo
presenti interessi e capacità degli anziani. E’ necessario
mantenere sempre una
certa flessibilità e sapersi “modellare” sulla base delle
situazioni contingenti.
In alcuni cafè la programmazione segue il seguente
schema: attività di
stimolazione cognitiva – attività occupazionale – attività di
socializzazione
Attività
cognitive,
motorie e
occupazionali.
33
Attività
con i familiari
Il Cafè rappresenta uno
spazio di condivisione del problema nonché di scambio e
acquisizione di nuove
conoscenze per i familiari, che possono essere coinvolti in
vario modo all’interno
del Cafè. Potranno svolgere attività parallele a quelle
proposte agli anziani,
come ad esempio, partecipare ad incontri di supporto o
informativi con esperti
sia su tematiche relative alla demenza sia su argomenti di
interesse del familiare,
anche se non necessariamente relativi alla malattia.
Qualora esistano altri
servizi per far fronte al bisogno specifico del familiare,
potranno partecipare alle
attività dirette all’anziano mettendosi in gioco e
riscoprendo, in questo
modo, la bellezza del “fare insieme”.
Questi interventi hanno
la finalità di sostenere il familiare e prevenire
l’isolamento sociale
creando le condizioni per far fronte al senso di impotenza
spesso riscontrato dai
familiari di anziani con demenza. Nei Cafè già funzionanti
l’attività di supporto è
generalmente svolta a cadenza quindicinale mentre gli
incontri con gli esperti
sono programmati assieme ai familiari stessi, sia per
quanto riguarda la
tematica sia la frequenza.
E’
auspicabile che i familiari supportino
l'attività
svolta con gli anziani o che
ricevano
essi stessi un intervento quale
informazioni,
supporto, incontri con esperti.
Attività
con gli assistenti familiari
Per gli assistenti
familiari che, come già detto in precedenza, rivestono un ruolo
di sempre maggiore
importanza nella cura dell’anziano con demenza, possono
essere organizzati
incontri strutturati di tipo informativo. Il loro coinvolgimento
nelle attività svolte
insieme all'anziano favorisce la socializzazione e costituisce un
importante momento per
apprendere il modo migliore per interagire con l'anziano,
facilitandolo senza
sostituirlo.
34
La
relazione come possibilità di apprendimento
affiancata
ad attività specifiche.
Attività
aperte alla comunità
Lo svolgimento di tutte
le attività viene periodicamente intervallata da momenti di
festa che vengono
organizzati al Cafè in specifici momenti dell’anno (ad esempio
per Natale, Carnevale o a
fine anno come conclusione delle attività) per favorire la
socializzazione e
l’apertura del Cafè verso l’esterno. In alcuni Cafè inoltre vengono
periodicamente invitati i
bambini della scuola materna o i ragazzi della scuola
media per svolgere le
attività insieme agli anziani.
E’ importante che il
gruppo dei partecipanti sia il più possibile eterogeneo e
differenziato, evitando
di connotarsi come “gruppo di soli anziani”.
Il cafè
come opportunità di scambio intergenerazionale
LE
ATTIVITA’ AL CAFE’ – Schema riassuntivo
· stare insieme e fare
insieme: un binomio da preservare
· le proposte variano
sulla base dei destinatari e del grado di strutturazione
degli incontri
· socializzazione
attraverso momenti conviviali e di svago: lo “stare insieme
informale” viene
preservato da tutti i Caffè
PROFESSIONISTI
E RUOLI SPECIFICI 35
Gli incontri al Cafè
dovrebbero prevedere la presenza costante e continuativa
principalmente di tre
figure di base: uno psicologo, un animatore e un
coordinatore.
Lo
psicologo ricopre un duplice ruolo all’interno del Cafè: da una parte
interagisce direttamente
con gli anziani e i familiari, dall’altra ha una funzione di
supervisione e gestione
del gruppo di lavoro e dei volontari.
Nello specifico, lo
psicologo conduce l’attività coi familiari di tipo informativosupportivo
e gli interventi cognitivi
dedicati all’anziano quali la stimolazione
cognitiva e la
reminiscenza. Durante lo svolgimento delle attività manuali e
ludiche, invece, affianca
l’animatore ponendo particolare attenzione agli anziani
maggiormente in
difficoltà e alle dinamiche relazionali anziano-caregiver, col fine
ultimo di fornire, ove
necessario, informazioni ed indicazioni utili.
L’animatore
conduce le attività occupazionali con l’anziano strutturandole
sulla
base delle capacità e
degli interessi dei singoli partecipanti in modo da evitare, il
più possibile, situazioni
frustranti. L’animatore è, quindi, un operatore sensibile e
attento alle reazioni
degli anziani coinvolti nelle attività da lui proposte.
Il
coordinatore è una figura essenziale poiché rappresenta un punto d’incontro
tra le diverse figure
professionali e non che interagiscono all’interno del Cafè.
Inoltre è punto di
riferimento per gli anziani e le famiglie.
Altre
figure
In uno dei Cafè presenti
sul territorio bolognese, un’altra figura che si affianca
alle precedenti è quella
del fisioterapista che svolge attività motoria con gli
anziani.
Gli incontri informativi
su tematiche specifiche vengono invece condotti da esperti
quali il geriatra, il
neurologo, il fisioterapista, la dietista o l’avvocato... che sono
appositamente invitati al
Cafè.
I
professionisti coinvolti sono figure presenti continuativamente
e figure
presenti previo accordo o su richiesta.
36 CRITICITA’
RILEVATE
_ Rapporto
operatori/anziani : è bene tenere presente che all’aumentare del
numero degli anziani si
riduce parallelamente il tempo che può essere ad essi
dedicato. Ciò si traduce,
con buona probabilità, in un impoverimento della
relazione; pertanto
sarebbe opportuno definire il numero di operatori coinvolti
sulla base del numero di
anziani.
VOLONTARI
Le figure professionali
sopra descritte conducono le attività affiancati da volontari
appartenenti alle
associazioni o partecipanti in modo autonomo, la cui presenza
garantisce un
indispensabile sostegno alla realizzazione delle attività. Il ruolo del
volontario consiste
nell’affiancare l’anziano con deterioramento cognitivo nello
svolgimento delle
attività proposte dai professionisti. Per questo motivo è
importante che vengano
dati loro strumenti conoscitivi, mediante incontri mensili
del gruppo di lavoro.
ASPETTI
ECONOMICI
I finanziamenti sui quali
possono contare i Cafè attivi sul territorio bolognese
sono di varia natura:
nello specifico, alcuni sono finanziati dai piani di zona (in
un unico caso le spese
relative al Cafè rientrano nel bilancio comunale) oppure
possono essere finanziati
da privati, associazioni o cooperative.
La collaborazione
relativa alla realizzazione dei Cafè si traduce nella maggior
parte dei casi nella
compartecipazione economica per il sostegno del progetto. Le
risorse messe a
disposizione dai collaboratori delle singole iniziative riguardano
spese specifiche da
affrontare nelle sedi del progetto o “risorse umane” e
“logistiche” utili agli
obiettivi del progetto.
La presenza di
professionisti garantisce lo sviluppo di un intervento psicosociale
con obiettivi precisi,
modalità programmate e spazi adeguati a chi partecipa. Il
sostegno e il confronto
con i caregivers, l’impiego di metodologie di stimolazione
per le capacità cognitive
e relazionali, la messa a punto di un contesto che faciliti
la libera espressione
personale, sono solo alcuni esempi di ciò che viene
predisposto attraverso
tutte le risorse a disposizione.
37
Le spese da sostenere nei
Cafè sono finalizzate a garantire innanzi tutto la
predisposizione dello
spazio e a permettere la fruizione di esso in modo facilitato
per tutte le famiglie che
desiderino affacciarsi ad esso.
Le spese sono quindi in
relazione ai costi dello spazio, al numero di partecipanti
medio per incontro, al
numero di giorni di apertura annuale del Cafè, al tempo di
apertura del cafè, al
tempo di permanenza dei professionisti.
Il costo dei Cafè nei
differenti territori varia dunque in relazione al rimborso
orario percepito dai
professionisti (da 15 a 40 euro circa all’ora, rispetto al tipo di
mansione e al contratto
stabilito), all’uso di materiali di consumo e
all’organizzazione del
servizio di trasporto. Il rimborso di professionisti può
incidere dal 40% al 90% a
seconda del numero di figure professionali presenti e
della frequenza della
loro partecipazione, tuttavia può ritenersi una spesa molto
ridotta nel caso di
impiego di figure già retribuite da Enti o Istituzioni o di figure
volontarie. Laddove la
sede è messa a disposizione gratuitamente, o le
consumazioni sono
offerte, la spesa viene ridotta di circa il 10%. La spesa dei
trasporti può incidere
anch’essa per il 10% della spesa globale.
Il coordinamento può
essere svolto a pagamento da una figura dedicata (circa 7%
della spesa) o a carico
di un organismo promotore del progetto, o non essere
necessario perché
l’organizzazione prevede una diversa distribuzione di ruoli e
responsabilità nello
svolgimento delle azioni del progetto.
L’apertura del Cafè può
rendere necessarie alcune spese, quali: spese telefoniche,
l’acquisto di alcuni
materiali utili per numerose attività, la produzione e stampa
Aspetti
economici – principali voci di spesa
_ Rimborso professionisti
o psicologi
o educatori/animatori
o oss
o altri professionisti
o coordinatore
_ materiali per attività
pratiche (cancelleria, oggetti di vario genere)
_ consumazioni di cibi e
bevande
_ spese di trasporto dei
partecipanti
_ spese relative alla
sede (utenze, ecc)
_ rimborso spese dei
volontari
_ materiali pubblicitari,
divulgazione, organizzazione di eventi, pubblicazioni
38
di materiali divulgativi,
l’allestimento dello spazio, il coordinamento dell’avvio
dell’iniziativa,
l’eventuale formazione di personale o volontari.
Inoltre in alcuni
contesti possono essere necessarie altre spese aggiuntive: spese
assicurative, rimborso
per pulizie del locale, rimborso trasporto dei partecipanti...
Per tutti questi motivi,
le spese variano nei contesti esaminati, aggirandosi su
cifre dai 3’200 euro ai
16’000 euro circa, in contesti con differenze in
partecipazione, numero di
giornate di apertura, numero di ore svolte da
professionisti. Ogni
contesto esaminato può tuttavia contare sul sostegno da
parte di organizzazioni
pubbliche e private, soprattutto nella fase di avvio dei
singoli progetti.
Nel proseguimento
dell’iniziativa sarà cura di tutti i collaboratori la
compartecipazione
economica ed il reperimento di materiali utili allo svolgimento
del progetto; spesso i
volontari delle associazioni sono attivi per servizi vari di
promozione e sostegno del
Cafè e sono indispensabile affiancamento dell’operato
dei professionisti. Un
coinvolgimento attivo delle Istituzioni può garantire la
presenza di
professionisti, a carico dell’Istituzione stessa.
I costi dei Cafè possono
dunque essere condivisi e sostenuti in vari modi, per
garantire quella
continuità necessaria affinchè questi spazi di inclusione sociale
siano riconosciuti ed
utilizzati pienamente.
La specificità che
diversifica i cafè rispetto ai tradizionali centri sociali, può essere
rilevata nella
valutazione di tali esperienze e mette in luce la complessità della
realizzazione di un
intervento di qualità. Questo motiva la messa in campo di
numerose risorse e
l’attivazione sociale di persone e organizzazioni.
La rete sociale a
supporto dei cafè può considerarsi solida nella misura in cui
attiva organismi sociali,
individui e i partecipanti stessi dell’iniziativa, per la
“messa a sistema”
dell’intervento, come spazio a libero accesso e a bassa soglia.
Aspetti
economici – Schema riassuntivo
_ finanziamenti di varia
natura
o piani di zona
o bilancio comunale
o supporto economico di
privati, associazioni o cooperative.
_ In numerosi casi la
sede è messa a disposizione gratuitamente.
_ Fondo regionale non
autosufficienza (Frna) Regione Emilia-Romagna
MONITORAGGIO
E VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA 39
Nel momento in cui si
propone un intervento, soprattutto se si lavora con persone
in condizione di
fragilità, è importante valutare che esso sia efficace e che abbia
come obiettivo principale
la promozione del benessere. Per fare ciò è essenziale
monitorare costantemente
le attività svolte al fine di metterne in luce le eventuali
problematiche e tentare
di migliorarle.
Per monitorare l’attività
svolta abbiamo a disposizione una serie di strumenti, più
o meno specifici:
- al termine di ogni
incontro è opportuno assicurare agli operatori un
momento di scambio e di
riflessione per valutare l’andamento della giornata
con particolare
riferimento alle eventuali problematiche emerse e/o a
particolari modalità
d’interazione rivelatisi efficaci;
- a cadenza mensile è
utile programmare un incontro tra le figure
professionali coinvolte,
sopra descritte, e i volontari per confrontarsi
sull’andamento del mese
appena concluso e, dall’altra parte, organizzare
dal punto di vista
gestionale il mese successivo;
- Da alcune esperienze
sul territorio è risultata efficace la pianificazione, ogni
tre mesi, di focus-group
con i familiari, condotti dallo psicologo, per
raccogliere feedback
sull’esperienza;
- somministrazione di
test psicometrici ai familiari ed, eventualmente, agli
anziani. Pur tenendo
presente che la somministrazione di test all’anziano,
in questo contesto, può
evidenziare alcune criticità (es: il setting, spesso,
non adeguato perché
troppo rumoroso e ricco di stimoli distraenti;
impossibilità di valutare
l’anziano a causa della gravità del deterioramento
cognitivo), è necessario
sottolineare che per provare l’efficacia
dell’intervento è molto
importante valutarne costantemente l’andamento.
Nel box di
approfondimento potrete trovare i risultati ottenuti dalla
valutazione effettuata in
uno dei cafè nel quale agli anziani e ai loro
familiari è stata
somministrata, a intervalli di sei mesi, una specifica
batteria di test.
- incontri tra i
referenti di altri Cafè come momenti di discussione, confronto
e riflessione.
40
BOX DI
APPROFONDIMENTO SULLA VALUTAZIONE
Lo studio dell’impatto
dell’intervento si pone come fondamentale, in quanto ogni
intervento svolto con
persone richiede una riflessione e un rigoroso impiego di
modelli basati
sull’evidenza; la valutazione di persone con malattia, mette il
professionista di fronte
ad una ulteriore autodisciplina di tipo etico. Se è vero che
la valutazione può
connotarsi come situazione complessa e a volte difficoltosa o
emotivamente carica, è
tuttavia centrale la restituzione alle persone, di modelli
chiari ed efficaci,
supportati da studi che ne dimostrino la valenza e ne indichino
le potenzialità e le
criticità nel contesto in cui si attuano.
La valutazione deve
essere oggetto di riflessione e deve trovare il tempo e il modo
adeguato per essere
implementata all’interno del Cafè.
Gli esiti devono divenire
patrimonio per il miglioramento, oggetto di riflessione e
comprensione, stimolo
alla flessibilità rispetto ai partecipanti, indicazioni per
l’operato. Inoltre
dovranno essere resi noti a tutti i partecipanti del Cafè,
attraverso una
restituzione fruibile, che consenta una condivisione e riflessione.
Valutazione:
Lo STUDIO attualmente in corso, si propone di valutare gli esiti
dell’intervento
psicosociale “Amarcord al Cafè” di Cesena sui partecipanti.
Sono state effettuate
valutazioni di 34 partecipanti (17 malati e 17 familiari) a
distanza di 6/8 mesi
dalla prima alla seconda valutazione.
Sono in corso altre
valutazioni pre -post, valutazioni su un gruppo di controllo e
un follow-up a 12 mesi
del gruppo sperimentale. Effettuati 2 FOCUS GROUP con
i caregivers e
valutazioni con batterie di test. Lo studio è stato esteso al Cafè
Amarcord di Ronta, dopo
la recente apertura.
Batteria
di test psicologici:
Strumenti di valutazione
Riferiti al MALATO:
• Qualità di vita: Quality
of Life Alzheimer’s Disease (QOL-AD, Lonsdon
R.G.,Gibbons L.E.,McCurry
S.M.& Teri L.1999);
• Depressione: Cornell
Scale for Depression in Dementia (CSDD,
Alexopoulos GS et al,
1988);
• Abilità cognitive: Mini
Mental State Examination (MMSE, Folstein et al,
1995);
41
• Attività usuali: ADL (Acivities of
Daily Living);
• Attività strumentali: IADL (Instrumental
Activities of Daily Living);
• Sintomi psicologici e
comportamentali: RMBPC (Rvised Memory or Behavior
Problems
Checklist, Teri et al, 1992).
Strumenti di valutazione
Riferiti al CAREGIVER:
• Qualità di vita: The
EuroQol Questionnaire (European Quality of Life Group;
1993);
• Carico assistenziale: Zarit
Burden Interview (Zarit M. Mittelhammer J et al,
1991);
• Stato emotivo: H.A.D.S. (Hospital
Anxiety and Depression Scale, Snaith e
Zigmund, 1983).
Criteri di inclusione
nello studio:
- Per il malato: diagnosi
di demenza;
- Per il malato e il
caregiver: frequentazione all’attività da almeno sei mesi;
- Consenso informato.
I questionari sono stati
compilati con etero somministrazione, da uno psicologo o
un tirocinante psicologo
formato all’uso degli strumenti; i focus group sono stati
condotti da uno
psicologo. Esiti dei questionari:
Test
Media
PRE
D. s.
Media
POST
D. s. t Df p
MMSE 15,655
7,633 15,877 7,698 -,512 8 0,622
Cornell 10,307
7,487 6,923 5,171 2,486 12 0,029*
QOL-AD
percepita
Anziano
30,076 6,676 31,230 6,233
-2,180 12 0,050*
QOL-AD
giudizio
caregiver
26,200 4,195 26,000 3,484
,379 14 0,710
ADL 4,000
1,362 3,533 1,302 2,432 14 0,029*
IADL 2,200
1,014 2,066 1,032 1,468 14 0,164
42
In un ambito in cui “No
progress is progress”, è da sottolineare l’innalzamento
della qualità della vita
percepita dal malato e la riduzione dello stato depressivo,
nonostante il declino
della funzionalità nelle ADL (compatibile con l’evoluzione
della malattia). Si
riscontra inoltre una stabilizzazione del dato cognitivo nei 6
mesi, la riduzione della
frequenza di sintomi psicologici e comportamentali, e la
riduzione del distress
del caregiver.
E’ evidente il miglioramento
della qualità di vita percepita dal caregiver,
accompagnata da diminuite
conseguenze del carico assistenziale (burden), e
minore stato di ansia e
depressione (Hads).
Tali risultati sono in
linea con quanto affermato dai caregivers nei focus group, in
termini di benessere nei
momenti al Café, di soddisfazione per le relazioni
instaurate (nei confronti
dei presenti e nel “rinnovo” della relazione col malato), di
senso di competenza
rispetto alla comprensione e adattamento alle problematiche
della malattia e del
prendersi cura.
L’influenza di questo
intervento di inclusione sociale su aspetti comportamentali
e psicologici, sembra
inoltre porre in risalto l’aspetto relazionale, fra le
componenti che modulano
il cambiamento dei sintomi psicologici e
comportamentali associati
alla demenza.
RMBPC
freq.sintomi
31,533 7,670 23,533 9,984 4,702 14 0,000*
RMBPC
distress
22,466 9,387 14,066 9,910 5,767 14 0,000*
EUROQOL
v.a.s.
7,600 2,028 7,200 2,569 1,702 14 0,111
EUROQOL
items
0,745 0,243 0,863 0,175 -3,014 14 0,009*
ZARIT
burden
Inventory
31,333 11,36 25,533 10,84 3,402 14 0,004*
H.A.D.S 12,866
5,040 10,733 4,934 4,675 14 0,000*
43 L’INDAGINE
attraverso i FOCUS GROUP
Il focus group è una
tecnica di rilevazione basata sulla discussione tra un gruppo
di persone. La finalità
principale è quella di studiare un fenomeno o di indagare
uno specifico argomento
in profondità, utilizzando come base per la rilevazione
l'interazione che si
realizza tra i componenti del gruppo.
_ Raccogliere
percezioni e punti di vista
_ Rilevare bisogni
_ Far emergere
pontenzialità e criticità del modello riscontrate dai
familiari
Gli esiti del Cafè
Amarcord sono stati riportati dai familiari nelle seguenti
dimensioni:
Esplicitazione
delle difficoltà di cura e del vantaggio del confronto con altri
familiari
“i
problemi non li ha solo l’ammalato, ma anche noi che ci dobbiamo occupare di
loro 24
ore su 24”
“Il
confrontarsi con altri familiari è un aiuto perché ci si confronta su problemi
che
nell’insieme
sono gli stessi”
Riduzione
dell’isolamento sociale
“Cerco
di passare voce sul caffè; alcune persone però si vergognano; ma qui la
vergogna
non c’è più perché gli altri capiscono la situazione”
“prima
andavo in un altro bar delle volte con mia moglie, poi con la malattia ho
dovuto
smettere; ma questo ha qualcosa in più, e ho ricominciato il bar”
Atteggiamento
positivo dei malati durante la partecipazione al Cafè e dopo il
rientro
a casa
“Se non
portassi più qui mia moglie credo che me lo chiederebbe –perché non mi
porti
più?- Al momento è più serena e contenta”
“E’ uno
che uscirebbe poco di casa, si fa molta fatica a farlo uscire, ma quando è
qui poi
ci sta molto volentieri; quando torna a casa sta bene”
44
“A casa
continua a parlare, di quello che ha fatto qui al bar, anche se si sbaglia su
certe
cose,”
Meno
disturbi comportamentali in corrispondenza delle giornate al Cafè
“ritorna
a casa sorridente e ha meno da fare a girare per casa”
“vedere
mio padre così attivo e stimolato anche i giorni successivi è molto bello”
Incremento
di relazioni sociali, anche molto significative
“Io che
non ho figli, ho trovato una famiglia venendo qui”
“vedo
che mio padre, nell’accompagnare mia mamma, ha trovato degli amici per
lui”
Un luogo
adatto per il malato, che può partecipare secondo le proprie
capacità
e interessi
“qui si
trovano bene anche perché c’è sempre qualcosa da fare invece di stare
senza
far niente”
“le
attività che proponete vanno bene, dopo dipende dalla caratteristica della
persona
per quanto riguarda la loro reazione”
Momenti
di supporto e formativi utili ai familiari
“Questo
ambiente ha qualcosa in più degli altri, in particolare per la presenza del
dottore,
che ci aiuta se abbiamo qualcosa da chiedere”
Luogo
fruibile come occasione di sollievo per il caregiver
“Mia
mamma, accompagnando mio babbo, riesce a trovare per sé un po’ di respiro,
infatti
qui parla sempre con qualcuno”
“io con
questi distacchi di qualche ora respiro un po’, prima dovevo fare tutte le cose
di
fretta quando uscivo di casa”
Riconoscimento
sociale
“ Il
fatto che sono coinvolte le istituzioni fa capire che il problema viene sentito
anche a
livello sociale. Da un’idea di un’iniziativa a 360° ”
45
Alcuni
resoconti delle
esperienze
attualmente attive
nella
provincia di Bologna
46
Amarcord
Al Cafè
San Pietro in Casale
Circolo Giovanni XXIII -
Piazza Calori 2 – San Pietro in Casale
Venerdì 9.00-12.00
L’ Amarcord al Cafè di
San Pietro in Casale nasce, come progetto sperimentale, il
15 aprile 2005 per volere
del gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto ed ha coinvolto oltre
alle persone affette da
demenza e ai loro familiari, anche psicologi, medici,
animatori, volontari.
Lo spirito che ha portato
all’ideazione di questo progetto è stato quello di portare
al di fuori dell’ambiente
familiare un
problema di per sé molto
riservato e
fare uscire dalle mura
domestiche,
attraverso un giusto e
rispettoso
percorso, tanto chi
presenta difficoltà
cognitive, quanto chi si
occupa di lui.
Partners di tale
iniziativa sono
l’Amministrazione
comunale, la
Parrocchia, l’Azienda USL
–Distretto
Pianura Est,